giovedì, Aprile 18, 2024
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Gemmologi tranquilli in mare aperto avvistano il centro del mondo

Nel numero precedente Michele Macrì, non senza una certa grazia venata al fondo da intelligente malizia, si domandava cosa fosse una gemma. Non sono mancati spunti di riflessione. La questione è articolata. Qualcuno, come si conviene, ha voluto precisare o confutare i criteri presi in rassegna per elaborare una chiara, aggiornata e legittima definizione del termine. Ma una cosa è apparsa fuori discussione, e cioè che delimitare un terreno terminologico per crearsi aldilà del buon senso, un campo d’indagine è un’operazione che non si può chiudere in un recinto dogmatico. La realtà è in movimento: anche la semplice parola gemma si ridefinisce in relazione alle continue modificazioni degli usi e degli stili delle culture che la prosciugano, la innestano, la fertilizzano. OK, ormai che il tema è emerso, andiamo avanti con la Rivista ad esplorarne i confini. In questo numero il lettore passerà forse a considerare aperta anche una seconda questione: cos’è la gemmologia?

Ospitiamo in queste pagine Vincent Pardieu, l’icona mondiale della field gemology. Ha iniziato al GIA di Bangkok lo studio e la raccolta sistematica di un repertorio vastissimo di materiali gemmologici provenienti dall’intero pianeta. Per i suoi scopi di catalogazione ha frequentato i diversi fronti estrattivi, spesso localizzati in aree inviolate e remote. Ciò lo ha avvicinato ai temi cruciali della conservazione dell’ambiente. Lavorando a stretto contatto con i soggetti grandi e piccoli del mondo minerario ha allargato lo spettro dei suoi studi alle possibili strategie di contrasto allo sfruttamento invasivo dei materiali preziosi. Il suo è l’articolo di un gemmologo che estende il suo raggio di interesse all’ecosistema? Oppure è una lezione di un geografo/sociologo/economista che investiga la politica e gli effetti dello sfruttamento di rubini, zaffiri, diamanti e tanzaniti?

Chi avesse ancora dei dubbi sulla portata delle implicazioni esistenti tra lo studio mineralogico delle pietre preziose e le applicazioni che ne derivano nei versanti economici e sociali troverà in questo numero altri spunti di discussione. Sparirà il piccolo minatore di sussistenza. Negli ultimi mesi la governance delle economie gemmifere tradizionalmente deboli sta riscrivendo la legislazione mineraria, quasi sempre in alleanza con grandi agglomerati stranieri. L’origine geografica, meglio se documentata da fenomeni gemmologici caratterizzanti, è un brand che il mercato invoca e riconosce. Si veda il caso dei diamanti canadesi. La qualifica della provenienza è vera moneta etica che i gemmologi saranno chiamati a convalidare. Da soli? No, solo come supporto a squadre ben più allargate, composte da autorità di governo, enti di certificazione, esperti di marketing. Non esiste allora un trattamento, un miglioramento degli attributi etici così come esiste il miglioramento ed il trattamento tradizionale chimico e fisico delle pietre?

Meglio allora che l’inevitabile Ulisse nascosto nel ricercatore di pietre preziose non si faccia troppo spavaldo. E Alberto Scarani ci riporta proprio nel laboratorio. Lì, dove risiede e pulsa l’essenziale in gemmologia. Il suo studio sull’uso della spettrofotometria apre un nuovo orizzonte, modificando la strumentazione base, a tutto il grande pubblico di gemmologi finora esclusi dal gioco. E anche questa è una rivoluzione su cui si tornerà.

Di Paolo Minieri, pubblicato su Rivista Italiana di Gemmologia n. 2, Settembre 2017.

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