venerdì, Aprile 19, 2024
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Diamanti sintetici vs. diamanti naturali: e la differenza di valore?

Il flusso delle vendite di diamante sintetico (o lab grown, nome che con tutta evidenza sì è imposto sul mercato) non è destinato a prosciugarsi. Anzi, le stime parlano ancora di una crescita strepitosa a partire dai 6, forse 7 milioni di carati prodotti attualmente.

Niente da dire, questi diamanti fatti dall’uomo in laboratorio sono belli da vedere, ci si fanno dei bei gioielli a prezzi bassi, attirano nuove generazioni, stimolano il mercato, impiegano la manodopera in eccesso nei cicli negativi della manifattura dei diamanti naturali. E si potrebbe continuare con gli aspetti positivi.

Tuttavia si sente l’urgenza d’un cambio nel loro posizionamento. A cominciare dal riferimento ai listini. A quanto pare, alcuni esponenti del comparto dei diamanti lab-grown annunciano di voler smettere di usare il Rapaport come indice di riferimento. Ma lo faranno davvero? Non credo, quello che so è che riferirsi a quel benchmark non fa altro che aiutare la speculazione.

A mio avviso abbiamo bisogno invece di un sistema di prezzi più realistico basato su una logica diversa. Si dovrebbe seguire l’esempio del marketing di De Beers che con il proprio marchio Lightbox continua a investire in questo controverso prodotto. Ma lo fa per mostrare che, seppure i diamanti sintetici siano il frutto della ricerca tecnica di portata avanti dal gruppo, i lab-grown non costituiscono e non costituiranno mai una riserva di valore per chi li compra.

Il Rapaport va lasciato ai diamanti naturali. È un listino governato da un algoritmo che da anni ne studia e ne orienta seriamente l’andamento. È e resterà un faro per tanti addetti ai lavori. Mi domando: cosa c’entrano i prezzi dei diamanti sintetici con le stime di mercato di un minerale raro, fondate sui dati statistici relativi all’estrazione mineraria, rilevazioni di domanda e offerta?

Sintetici e naturali non hanno in comune che il nome: diamanti. Far credere che ci siano altre analogie non è che pura speculazione ai danni dei consumatori. Speculazione, sì, perché non credo sia etico vendere un diamante sintetico di grossa caratura, assimilandolo ad un sistema di prezzi come quelli del listino Rapaport, praticando forti sconti e generando la percezione d’un valore che non ha e non manterrà nel tempo.

Semmai questo valore diminuirà ancora. Chi, qualche tempo fa, avesse comprato un diamante sintetico di due o tre carati per 5000 o 10000 euro, pensando di possedere una gemma di tutto rispetto, deve rendersi conto che anno dopo anno quel valore diminuisce. E si sgonfia, di pari passo, anche il marketing che esalta come etica la scelta di comprare un diamante sintetico piuttosto che uno naturale.

Si enfatizzano gli aspetti negativi dell’estrazione mineraria e non si dà conto del gigantesco indotto che contribuisce in modo più che significativo alla costruzione del PIL di molti paesi africani. Si sottovaluta l’impegno per la sostenibilità delle grandi imprese estrattive di diamanti e si esagerano i meriti dell’industria del diamante sintetico sull’uso presunto di energia rinnovabile.

L’industria dei diamanti di laboratorio deve trovarsi una propria strada e tagliare il cordone ombelicale con quella dei diamanti naturali, smettendo di scimmiottarne il business.

Articolo di Sergio Sorrentino, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 16, Estate 2023.

Sergio Sorrentino.
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