domenica, Aprile 28, 2024
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Analisi del DNA per identificare il corallo. Tempi e costi della certificazione gemmologica che aiuterà l’ecosostenibilità

Il 17 Luglio si è tenuto, presso il Circolo Nautico di Torre del Greco, un focus sugli ultimi sviluppi in merito alla certificazione del corallo. Ad organizzare l’evento sono stati l’Assocoral e l’Istituto Gemmologico Italiano.

La Dott.sa Loredana Prosperi, responsabile del laboratorio dell’Istituto Gemmologico Italiano ha introdotto l’argomento fornendo alcune informazioni di base relative alla classificazione scientifica del corallo e delle sue 8 specie (con le proprie relative caratteristiche) utilizzate in commercio, ovvero: Rubrum, Japonicum, Elatius, Konojoi, Secundum, Laauense, Sulcatum, Regale.

Sono stati affrontati, tra l’altro, argomenti relativi alle attuali tipologie di analisi chimiche utili a differenziare le specie, ad esempio, ricorrendo ai contenuti di Bario e di Piombo, presenti in concentrazione maggiore nei coralli provenienti dal Mar Mediterraneo (Rubrum) e minore in quelli provenienti dall’Oceano Pacifico (Japonicum). Passaggio interessante è stato sicuramente quello relativo alla descrizione dei trattamenti e della loro individuazione grazie all’ indagine spettroscopica FTIR e Raman, che fornisce informazioni sull’eventuale presenza e relativa quantità di materiali quali la cera o altri riempienti che possono alterare la colorazione artificialmente. La Dott.sa Prosperi ha concluso il proprio intervento dando informazioni sulla certificazione del corallo, dei documenti di analisi rilasciati e delle principali specifiche contenute in essi.

Ha poi preso la parola la Dott.sa Anna di Cosmo, Professore Ordinario di Zoologia del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, la quale ha centrato il suo interessante intervento sugli aspetti zoologici del corallo illustrando la nuova tecnica d’identificazione e classificazione basata sull’utilizzo dei dati forniti dal DNA.

Tale analisi viene effettuata in un ambiente di lavoro specifico, definito “camera bianca”. Si tratta di un laboratorio con certificazione ISO9001 completamente asettico, che permette di sequenziare correttamente il genoma del materiale estratto evitando qualunque alterazione o compromissione da parte di elementi estranei. L’analisi prevede l’estrazione di parte di materiale con un trapano (drill) avente una punta sottilissima. La quantità del materiale asportato è compresa tra i 20 e 50 mg (0,12-0,25 carati). Una volta controllato che quantità e qualità dei campioni siano idonei, si procede con il sequenziamento del DNA. Si tratta di un’analisi bioinformatica cui fa seguito la classificazione tassonomica che ci rivela poi la natura del materiale analizzato con i dettagli filogenetici della specie in esame.

Al termine della conferenza i relatori hanno risposto a diverse domande estremamente interessanti riguardanti i costi ed i tempi relativi a questa nuova certificazione. Sono stati inoltre richiesti ulteriori chiarimenti sull’ablazione e sulle modalità del prelievo.

Per quanto riguarda i tempi d’esecuzione – considerata la complessità e l’articolazione delle procedure da mettere in atto – quest’analisi gemmologica, basata su elementi genetici, richiede attualmente circa 3 settimane. Il costo non è stato ancora comunicato ma sembrerebbe comunque alquanto rilevante rendendo quindi l’analisi conveniente solo per fili e/o a oggetti di un’importanza tale da giustificare la cifra. Ad esempio, per una collana di corallo, il DNA deve essere estrapolato da ogni elemento costitutivo e quindi l’analisi di un filo composto da 60 sfere comporta l’intervento su ciascun singolo componente. Si deduce che nel caso di un filo dal costo di un migliaio di euro tale operazione non sarebbe economicamente vantaggiosa.

Come dichiarato dalla Dott.sa Di Cosmo, data la necessita di prelevare di una piccola quantità di campione, l’analisi si rivela più adatta a prodotti con fori, in prossimità dei quali, da “zone non in vista”, si può ottenere materiale ledendo il meno possibile l’integrità del manufatto. Per cabochon ed altri elementi non forati la procedura non sembra di facile applicazione.

È importante sottolineare che l’esigenza di un’analisi del DNA nasce non solo per offrire dati identificativi certi sulle specie di corallium, ma soprattutto per fornire una risposta concreta e “definitiva” a tutte le aziende, gli enti di controllo ed i consumatori che richiedano l’esatta provenienza geografica dei prodotti in corallo. Tali dati sulla provenienza non si limitano genericamente all’area di raccolta, ma aiutano ad indagare l’origine batimetrica del materiale. Lo scopo è quello di accertare e certificare che il materiale utilizzato non sia né corallium di profondità appartenente a banchi di aree inibite allo sfruttamento, né riferibile ad altre specie tutelate facenti parte delle barriere coralline superficiali. Il nuovo strumento identificativo pertanto può garantire una totale tracciabilità delle specie di corallo per le quali si vuole garantire la sostenibilità dello sfruttamento e la protezione ambientale, come ad esempio il “Corallium Rubrum” del Mediterraneo.

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