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Perle che inquinano, divieti che bloccano, prezzi che salgono

A causa dell’inquinamento l’area lacustre della Cina sud orientale ha visto ridurre le superfici destinate all’allevamento di molluschi (provincia di Zhejiang) da perle da 38 milioni di mu (unità di misura cinese equivalente a 666,7 metri quadrati) nel 2005 ad appena 160.000 nel 2016 con una produzione in calo dal picco di 2000 tonnellate a circa la metà. È questa l’inevitabile conseguenza di un piano molto severo posto in essere il 16 aprile del 2015 dal Consiglio di Stato cinese che si propone di veder già migliorare le qualità delle acque a partire dal 2020. Larghe aree sottoposte a bando sono state di fatto abbandonate dai coltivatori che si sono dovuti fermare a cicli di produzione inferiori a quelli programmati (solitamente 5 anni). In queste condizioni i prezzi sono in continua ascesa già da alcuni anni, soprattutto per le qualità più pregiate. Molti degli specchi lacustri cinesi, in maggioranza artificiali, sono stati trattati con letame animale ed ostruiti con liquami allo scopo di favorire lo sviluppo delle alghe, nutrienti dei molluschi. Il prolungarsi di queste pratiche ha comportato il fenomeno dell’eutrofizzazione, eccesso di nutrienti e susseguente carenza di ossigeno. Sostenibilità ambientale è la nuova parola d’ordine per le perle d’acqua dolce.

Gem News a cura della redazione di Trasparenze News, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 3, Gennaio 2018.

Foto: Zhang Haiyan/VCG
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