domenica, Aprile 28, 2024
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Spunti da Ferrara/5. Caratterizzazioni: smeraldi etiopi, simetite, acquaprasio, rubino macedone

La “IV Conferenza Nazionale Diamante e Gemme di Colore: identificazione, tracciabilità e aspetti etici” si è svolta a Ferrara giovedì 7 e venerdì 8 luglio 2022 al palazzo Tassoni Estense. Come già accaduto nell’edizione di Bari del 2021, IGR ha promosso l’evento, che ha fatto registrare un’apprezzabile affluenza, contribuendo come Media Partner alla sua diffusione, anche a livello internazionale.

Una serie di presentazioni si sono soffermate sulle caratterizzazioni. Giada Musilli (Università di Milano La Statale) ha esposto i risultati di un lavoro sugli smeraldi etiopi, 11 campioni forniti dal Cisgem studiati grazie all’utilizzo di tecniche FTIR, EDXRF, UV-Vis, micro-Raman e microscopia ottica. Gli smeraldi etiopi sono stati rinvenuti nel 2004 nell’area di Dubuluk, ma solo nel 2016 è iniziata l’estrazione di una qualità di interesse gemmologico nell’area di Shakiso. Nel 2017 rappresentavano l’1,5% della fornitura mondiale. Sono classificati come “schist type” IA, derivano da processi idrotermali metasomatici e la loro formazione è collocabile dall’età Cambriana a quella post Cambriana.

Comunemente in letteratura sono considerati simili a quelli di Brasile e Zambia. In realtà, differenze rispetto ai primi si riscontrano nello spettro UV-Vis del raggio ε e negli spettri FTIR, con variazioni posizionali di picchi delle molecole H2O di tipo I-II e CO2. Si distinguono dai secondi per il maggior contenuto in Ga e minore Mg/(Na+K). Importante è la scoperta di inclusioni aghiformi di clinocloro, osservate solo in smeraldi colombiani, ma sempre con differente abito, ed inclusioni aghiformi scure terminanti da un lato con una base esagonale, mai evidenziate fin ora. La caratterizzazione di queste ultime, assieme ad indagini isotopiche, sarebbe di grande aiuto per perfezionare la discriminazione tra gli etiopi e gli smeraldi d’altre provenienze.

Francesco Maria Lo Forte (Università di Palermo) ha analizzato campioni di ambra simetite selezionati dalla collezione mineralogica dell’Università di Palermo, determinando che il colore della simetite (giallo, arancione, rosso chiaro, rosso scuro e nero) tende a scurire in relazione all’incremento della quantità di zolfo e alla diminuzione dell’ossigeno.

Sara Monico (Università di Milano la Statale) ha esposto i risultati ottenuti nello studio dell’acquaprasio, una varietà gemmologica di calcedonio scoperta da Yanni Melas – in località africana non rivelata – nel 2013, con una tipica colorazione verde-blu. L’indagine è stata effettuata ricorrendo a XRPD (X-Ray Powder Diffraction), micro Raman, microscopia ottica, EMPA (Electron Micro Probe) e LA-ICP-MS (Laser Ablation-Inductively Coupled Plasma-Mass Spectrometry) e si è basata su una metodologia di confronto tra l’acquaprasio e due varietà di calcedonio ampiamente documentate: crisoprasio e agata azzurra.

Il calcedonio, una varietà microcristallina del quarzo, ha una tessitura fibrosa orientata, si presenta con due polimorfi della silice ed è un aggregato policrostallino. Le indagini mineralogiche e spettroscopiche hanno evidenziato che l’acquaprasio ha come fasi cristalline quarzo alfa e morganite. I dati confermano caratteristiche tipiche del calcedonio assieme ad altre specifiche: l’acquprasio ha peso specifico minore e colorazioni disomogenee. Le aree di assenza di colore sono dovute alla presenza di quarzo microcristallino, quarzo macrocrostallino e quarzo fibroso. Le zone colorate si spiegano con la presenza di quarzo microcristallino associato a quarzo criptocristallino e fibroso.

L’analisi degli elementi chimici rivela che alluminio, Ni2, magnesio e cromo (fino a 0.3%wt) si presentano in percentuali più elevate e sono elementi cromofori, mentre per altre varietà di crisoprasio prese comparativamente in esame il valore del nickel è più alto.

Corindone grezzo varietà rubino proveniente da Prilep, Macedonia del Nord e conservato presso il Museo Cantonale di Geologia di Losanna, Svizzera. (Foto: Wikimedia Commons, License CC BY 3.0)

Nicola Precisvalle (Università di Ferrara) ha riferito di alcuni cristalli di corindone varietà rubino dell’area di Prilep (Macedonia del Nord), conosciuti in letteratura dal 1961 ma noti sul mercato della gioielleria dal 1988, quando apparvero per la prima volta alla fiera dei minerali di Tržic in Slovenia. Comunemente chiamata “rubino macedone”, questa pietra si configura come gemma nazionale della Macedonia del Nord, tanto da divenire un comune regalo usato in diplomazia. I rubini possono essere trovati nei marmi precambriani metamorfosati dall’azione di graniti, in miniere sfruttate da antichità nella municipalità di Prilep. Gli esemplari si presentano solitamente con inclusioni di ossidi, carbonati (ad esempio, dolomite e calcite) e idrossido di alluminio. Spaziano da una colorazione rosa, alquanto comune nei rubini, ad una gradevole tinta lampone (rosso chiaro, moderatamente intenso, leggermente violaceo), sono nella maggioranza molto inclusi e quindi più adatti al taglio cabochon. Questi rubini si caratterizzano essenzialmente per la presenza di inclusioni di diasporo che generano un fenomeno probabilmente inedito, quello della diasporescenza, effetto lattiginoso con una certa cangianza dovuto all’intercalazione di diasporo che si incrocia con il corindone. Una loro ulteriore caratteristica è l’accrescimento a forma di barile, che rende il materiale grezzo interessante per i collezionisti di minerali ed i musei.

Articolo di Paolo Minieri e Stefania Coppola, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia nr. 15 – Autunno 2022.

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