sabato, Aprile 27, 2024
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Pietre trattate eticamente

Io la vedo così. Esiste una gemmologia dei materiali, quella “classica”, quella che si occupa delle caratteristiche oggettive chimiche e fisiche che stanno dentro le gemme. Un bell’esempio lo trovate se date uno sguardo al documentato contributo di Branko Deljanin sull’identificazione dei diamanti sintetici alla pagina 35 di questo numero di IGR.

Poi esiste una gemmologia “immateriale”, un ragionamento ad ampio spettro (logos) su quei fattori che orbitano intorno alle gemme, e cioè le condizioni geopolitiche che ne condizionano l’estrazione, il “valore” che viene loro assegnato, aggiunto o tolto in base all’incidenza delle attività dell’uomo (culture, mercato, comunicazione, convenzioni sociali, percezione, superstizione).

Tanto la gemmologia classica dei materiali che quella immateriale si occupano di trattamenti. Quelli “classici” sono quelli che, per mezzo dell’intervento dell’uomo, alterano lo stato naturale di un minerale: una sostanza inserita al suo interno, come il vetro piombo dentro un rubino di scarsa qualità o, se volete, un forte riscaldamento.

I trattamenti immateriali sono invece quelli che consistono nell’aggiunta, sempre per azione dell’uomo, di significati e qualità “soggettive”. La sostanza che un trattamento immateriale aggiunge alle gemme non è un elemento chimico ma piuttosto un valore che una determinata cultura, in una determinata epoca, pretende che una determinata comunità riconosca come superiore. Per gli antichi questa o quella pietra portava fortuna, curava dai mali, operava sortilegi. Trattamenti apotropaici, si direbbe.

Da un paio di decenni il trattamento immateriale più importante che viene posto in essere per le pietre è il trattamento etico. Il mio diamante è fisicamente identico per peso, purezza, taglio e colore al tuo. Ma è preferibile al tuo perché io ho inquinato meno di te, ai miei minatori ho donato un ospedale (o dei preservativi contro l’HIV) e tu no, ho risparmiato energia e tu no, ho fatto meno buchi alla Terra. La lista può continuare e chiunque ci può mettere di tutto. Da quando Nietzsche ci ha spiegato che Dio è morto, il Bene (ossia l’Etica) s’è fatto un principio assai nebuloso e vago. Miriadi di direzioni (le buone pratiche) ci vengono indicate da tante bussole spesso ambigue. Basta un po’ di immaginazione.

Ma c’è una differenza semplice ed importante. Il trattamento per aggiunta di sostanze estranee può essere sì non dichiarato, ma può essere smascherato. Il trattamento “etico” invece è sempre annunciato dalle sette trombe dell’Avvento, ma non viene rilevato al microscopio e quasi mai viene smascherato, seppure di esso si abusi in modo tanto arbitrario. Il trattamento etico è difficile da misurare, soprattutto dai consumatori. Ci viene detto che si evita produzione di CO2, che non ci sono stati abusi nella fase dell’estrazione, che le presse dei lab-grown sono più etiche degli scavi per estrarre i diamanti naturali. Ci viene detto – leggete in questo numero la rubrica Controgemmologia di Luigi Costantini – che i diamanti sintetici sono così tanto etici che hanno ricevuto la benedizione del Papa.

Nessuna persona onesta può oggi comunque negare l’importanza del senso di responsabilità che le imprese devono mostrare per cause nobili quali l’equità, il rispetto dei lavoratori e per l’ambiente. Solo che non basta che un produttore proclami da solo e senza argomenti che le sue sono gemme etiche. Per me questo è un trattamento come tanti, ci state dicendo che avete “abbellito” il prodotto con delle virtù. Queste virtù ce le dovete dimostrare con dati oggettivi e i gemmologi devono andare a vedere le carte con tecniche scientifiche e con la stessa severità con la quale scrutinano un diamante o un rubino alla ricerca di possibili riempimenti.

Di Paolo Minieri, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 14, Primavera 2022

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