sabato, Aprile 27, 2024
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Psicologia delle cose luccicanti. C’entra anche la gemmologia

Perché gli esseri umani sono così attratti dagli oggetti luccicanti? Qual è la molla che fa scattare l’innato fascino per il lucido? Un rossetto scintillante, la carrozzeria di una nuova auto fiammante, un diamante o – perché no – la finitura brillante di uno smartphone di ultima generazione hanno tutti qualcosa in comune che ci fa perdere la testa. Ad indagare sui motivi ci hanno pensato psicologi ed economisti, studiosi dell’Università di Gand, nel Belgio.

Domanda di partenza: ciò che attrae nell’aspetto lucido del materiale è solo una conseguenza del valore che le comunità assegnano in ragione della desiderabilità estetica? Lo studio realizzato tende a suffragare l’ipotesi secondo cui questa attrazione è legata a collegamenti fatti in analogia con l’acqua dolce come fonte di sostentamento. Dunque, un’attrazione non legata soltanto al senso visivo (l’estetica del materiale) o al senso tattile, ma a fattori biologici innati. Dunque le faccette dei cristalli fanno scattare sinapsi legate alle placide distese di laghi e corsi d’acqua.

Lo studio, composto da 6 diverse ricerche condotte su adulti e bambini, dimostra che l’attrazione per il lucido agisce indipendentemente dall’età e che dunque non si collega in modo esclusivo col “lusso”, così come continuamente i media propongono. Il lavoro prova che tale interesse per gli oggetti luccicanti non si sviluppa con la socialità ma invece è innato già nei bambini di pochi anni. Una delle ricerche, effettuata su soggetti cui è stato chiesto di non bere liquidi, ha evidenziato in particolar modo l’accentuarsi di una preferenza nettissima per i materiali lucidi nei soggetti assetati. Ciò che luccica richiama in maniera innata l’acqua: fonte primaria di sostentamento per l’uomo, sostanza primaria che permette la vita e che ha scandito le tappe evolutive dell’umanità fin dagli albori. Si tratta dunque di una nuova visuale che può aprire fronti di studio assai intriganti nell’ambito della soggettività della percezione e dell’interesse insieme biologico e culturale per gli oggetti che riflettono la luce. La prospettiva potrebbe modificare di fatto l’indagine gemmologica allargandone lo spettro dal più tradizionale ma ridotto ambito dell’oggettività delle semplici proprietà mineralogiche.

Recentemente anche la CNN ha rilanciato lo studio in un articolo dedicato alle pietre preziose, cercando di superare il concetto secondo il quale sarebbe solo la bellezza intrinseca della gemma a renderla così appetibile ai nostri occhi. Oltre che il valore della pietra (spesso stabilito dalle aste di vendita), oltre che le sue qualità gemmologiche, la simbologia insita in ogni cristallo (e ad ogni colore associato) e l’interesse istintivo ed innato verso le cose luccicanti c’è un altro motivo per cui percepiamo la seduzione delle gemme: i dettagli della loro storia. Dietro ogni gemma, ogni gioiello, c’è una storia unica ed irripetibile, rara quanto il materiale da cui deriva. Non solo la grande Storia dei gioielli appartenuti ai potenti regnanti del passato, alle dive del cinema o ai pezzi da record, ma anche la storia più modesta e sotterranea di ogni singola pietra che ci capita tra le mani: la storia della miniera da cui è stata estratta (e del minatore che l’ha raccolta per noi), la storia del tagliatore che le ha dato una vita, la storia del gioielliere che le ha cucito il vestito e dell’incastonatore che l’ha reso possibile… e la storia del nostro pianeta, nascosta in ogni piccola inclusione.

Gem News a cura della redazione di Trasparenze News, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 3, Gennaio 2018.

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