lunedì, Aprile 29, 2024
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Africa. Due Presidenti parlano di diamanti

Le materie prime preziose segnano i destini politici dei leader africani e li obbligano a prendere posizione. La recente destituzione di Mugabe, il novantaquattrenne potente politico dello Zimbabwe, ha fatto riemergere il vecchio nodo dell’inefficace gestione dell’enorme ricchezza del paese in diamanti. “Non abbiamo ricevuto granché dall’industria dei diamanti. Non credo che abbiamo superato i 2 miliardi di US$, ma credo ne siano stati guadagnati 15”. Mugabe s’era espresso così nel 2016, un decennio dopo i fuochi d’artificio che seguirono il lancio dell’estrazione di diamanti nel paese, che ne detiene riserve considerevoli. Questa sua dichiarazione deve essergli costata cara. Una volta perso il controllo del paese il vecchio politico è stato convocato dal Parlamento per il mese di Maggio 2018. Dovrà spiegare lui, come testimone, da dove viene questo grande buco nei conti dei diamanti. L’utilizzo dei depositi di Marange è stato contraddistinto dal coinvolgimento di ufficiali e funzionati governativi che controllavano l’attività di ricerca. Alquanto tardivamente Mugabe aveva cercato di riguadagnare il controllo statale diretto dei depositi dopo un periodo di collaborazione con varie imprese internazionali, tra cui due cinesi. Candidamente, prima della sua destituzione, Mugabe aveva ammesso di non aver saputo ispirarsi alle più attente gestioni dei diamanti dei paesi confinati come il Botswana.

Foto: Bloomberg.com

È vero. Non sono certo l’inefficienza o la corruzione i problemi dell’industria diamantifera del Botswana. Mokgweetsi Masisi, il nuovo Presidente del paese, si è insediato il 25 marzo 2018. Nel suo discorso inaugurale ha affrontato un altro problema, quello della storica dipendenza dell’economia del paese dall’industria dei diamanti, che ancora oggi costituiscono il 20% del prodotto interno. Un dettaglio sfugge spesso a molti: il Botswana non è affatto un paese povero. La Banca Mondiale lo classifica tra i paesi con un livello di reddito pro-capite medio-alto, al pari di paesi come Cina, Brasile e Portogallo. Questi livelli economici sono stati raggiunti grazie all’industria dei diamanti che ha spinto nei cinquant’anni post coloniali l’economia del paese (esteso quanto la Francia con 2,6 milioni di abitanti) pompando un tasso di crescita che ancora oggi è del 6% ed è superato, nelle rivelazioni di lungo periodo, solo da Corea del Sud e Cina. Il nuovo Presidente Masisi ha nel mese di maggio 2018 invitato De Beers a rilanciare il patto che ha determinato il decollo del Botswana che è in scadenza tra due anni: “C’è modo di ottenere dei benefici da parte di entrambi, questo è quello che vogliamo”.

Il Botswana, capace di reinvestire le entrate dei diamanti e di dialogare con i propri partner occidentali invitandoli a muovere gli investimenti dai diamanti alle nuove tecnologie, evidentemente non è lo Zimbabwe di Mugabe.

Gem News a cura della redazione di Trasparenze News, pubblicata su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 4, Estate 2018.

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