Nel settembre 2018 De Beers ha iniziato a vendere diamante sintetico CVD col marchio Lightbox. Cosa c’è dietro questa mossa a sorpresa? Chi sono i concorrenti? Come cambia la comunicazione?
De Beers entra nel ramo dei diamanti sintetici abbassandone i prezzi
Dopo l’iniziale sorpresa, la tattica del colosso sudafricano appare chiara non appena si guardi la strategia di pricing decisa al lancio di Lightbox nel settembre 2018: un pendente con solitario con diamante sintetico da un carato viene venduto ad 800$, più una tariffa nominale per la montatura… basti pensare che nello stesso periodo un diamante sintetico equivalente veniva proposto a 3.700$! Non si tratta di una manovra diversiva. Questo prodotto è andato sold out in una settimana. Competitor ed osservatori di settore avevano avanzato l’ipotesi che tutta l’operazione fosse soltanto una mossa temporanea per abbattere il prezzo dei sintetici sul mercato e che l’azienda non avesse la capacità produttiva necessaria per sostenere il volume di vendite atteso. In realtà i successivi rimpiazzi sono avvenuti in tempi relativamente brevi. L’incursione è dunque il frutto di una precisa volontà di presidiare questo nuovo mercato.
Evidentemente il diamante sintetico è un piatto che si preannuncia bello ricco. In effetti, e forse non sarà un caso, Lightbox entra proprio quando molti produttori avevano programmato di andare verso il dettaglio, alla ricerca di marginalità che si prefiguravano estremamente interessanti. Infatti un mese dopo il suo lancio, Richline decide di introdurre la linea di diamanti sintetici “Grown with love”, venduti direttamente all’interno dei negozi delle catene statunitensi Macy’s e JCPenney a prezzi belli sostenuti, evidentemente già programmati prima che De Beers sbaragliasse le carte nel settore. Ecco perché le politiche commerciali, generalmente usate un po’ da tutti i produttori, puntano su diamanti superiori ad un carato, area in cui pensano che Lightbox appaia attualmente carente. In questa area di prodotti la determinazione del prezzo dei listini consentirebbe di conservare i margini che ci si aspettava prima dello sbarco di Lightbox: prezzi alquanto elevati, con l’obiettivo anche di mantenere alta nel consumatore la desiderabilità nonché la percezione di rarità e valore.
Lightbox va dunque ad aggiungersi ad altri produttori come Diamond Foundry, Brilliant Earth e Pure Grown Diamonds che aspirano a guadagnare posizioni in un nuovo mercato destinato a crescere, dove la strategia ricorrente è, spesso, quella della vendita online (Tabella I).
In che modo De Beers colloca il suo diamante sintetico in rapporto ai principali competitor?
Diversi linguaggi. Lightbox si basa sull’effetto shock dei prezzi
Le strategie di commercializzazione dei diamanti sintetici negli Stati Uniti presentano alcuni lati in comune, ma ciascuna azienda si comporta in modo proprio scegliendo i tasti sui quali insistere. Partiamo dai canali di vendita: mentre Lightbox, Diamond Foundry e Brilliant Earth puntano sul web come canale principale per la distribuzione dei propri prodotti, Pure Grown Diamonds rimane ancorata ad una scelta commerciale tradizionale, prediligendo la vendita in-store.
Essendo un e-commerce con vendita diretta al pubblico, la sezione shop di Lightbox occupa la parte predominante del sito. Ciò che salta subito all’occhio dell’osservatore è il modo in cui vengono comunicati i prezzi. L’offerta web di gioielli con diamanti naturali è sempre stata contraddistinta da un certo pudore e da una certa riservatezza, lusso in chiaro e prezzo solo sullo sfondo. Il focus della comunicazione di solito poggia esclusivamente sull’unicità del prodotto. Nel ramo del lusso non è certo la concorrenzialità dei prezzi a magnetizzare l’attenzione, quanto piuttosto la desiderabilità ed esclusività. Lightbox inverte i fattori: il prezzo è in chiaro e, cosa ancora più innovativa, viene spiegato nelle diverse componenti di pietra e metalli preziosi (Figura 2).
Il richiamo alla questione etica è considerato un fattore competitivo, una carta che i produttori di diamanti sintetici giocano con una certa insistenza, soprattutto nel mercato statunitense. La presunta maggiore sostenibilità ambientale viene utilizzata come cavallo di battaglia nella comunicazione che viene effettuata (Figure 7-8-9). Non c’è da sorprendersi che Lightbox non ponga però alcun accento sulla questione: l’obiettivo, opposto a quello degli altri operatori, è di limitare il tema dell’estrazione responsabile ai diamanti naturali.
Lightbox sembra indicare un invito all’acquisto del gioiello diverso da quello tradizionale in cui si suggella il solo rapporto di coppia. Basti pensare alla scelta promozionale utilizzata nella homepage nel periodo di Febbraio 2019 (Figura 3), in cui il marchio getta via la tradizione di San Valentino e dedica la sua offerta al Galentine’s Day (locuzione che in gergo indica la giornata dedicata all’amicizia del 13 febbraio, esplosa come moda a partire dal 2017 in contrapposizione a San Valentino). La comunicazione in questo caso è dedicata alle donne: un invito a regalare un gioiello alle proprie amiche, figlie, madri, sorelle.
Diamond Foundry (Figure 5-6) tende a puntare sull’unicità del prodotto: in apertura la homepage del 19 febbraio 2019 evidenziava “(RED)”, un anello creato a partire da un singolo grezzo di diamante sintetico e composto da un numero di faccette compreso tra 2000 e 3000. Troviamo inoltre accenni alla salvaguardia della natura e all’accostamento del prodotto sintetico alla celebrazione delle relazioni di coppia: in questo caso riaffiora lo stesso target del diamante naturale. Brilliant Earth (Figura 7) e Pure Grown Diamonds (Figure 8-9) seguono lo stesso trend: attenzione alla natura attraverso rimandi grafici e scelta cromatica, riscoperta dei valori celebrativi dell’amore, gratificazione derivante dall’acquisto e dal ricevimento in dono di un diamante, al pari del naturale.
La rivoluzione, Lightbox non dà certificati. Tutte uguali e tutte belle, cioè sintetiche
La strategia dei produttori di diamanti sintetici dunque è stata per anni quella di costruire un’immagine che esprimesse tutta la preziosità dei diamanti naturali. Non ci si è limitati ad imitare gli stili celebrativi o le premure eco friendly. Infatti, come le gemme naturali i diamanti sintetici dei principali brand statunitensi sono stati da subito corredati da certificati gemmologici. Brilliant Earth (Figura 11) e Diamond Foundry (Figura 13) emulano sul web il modello classico delle quotazioni online: caratteristiche, prezzo, certificato. Anche in questo caso Lightbox segna una rottura: “…come ogni altro prodotto di alta tecnologia, le nostre gemme hanno tutte lo stesso standard qualitativo e quindi non hanno bisogno di un certificato che le descriva. Sono tutte uguali e tutte bellissime…”. Saranno belle ma, se sono tutte uguali, non sono pietre uniche.
In definitiva la comunicazione del prodotto Lightbox rivela in modo compiuto ed esauriente il senso complessivo della visione di De Beers del mercato del futuro. I diamanti sintetici sono una realtà ma devono restare confinati in uno spazio definito che non invada quello dei diamanti naturali. Lo scopo dell’ingresso repentino sulla scena di Lightbox non è solo quello di generare ricavi attraverso le quantità che si prevede verranno richieste dal mercato. La mossa aspira ad altro ancora, cioè a polarizzare radicalmente l’offerta di pietre accresciute in laboratorio su una fascia di mercato assai più commerciale dei diamanti naturali. Questi, in tal modo, vedranno salvaguardate le prerogative storicamente consolidate, la percezione di unicità, l’appetibilità e, cosa fondamentale, le quotazioni.
Vecchi e nuovi messaggi. Ma target di giovani
Solo montati, solo al consumatore e senza certificati. Lightbox si distanzia dagli altri produttori
Articolo di Domenico Angelino, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 6, Primavera 2019.