domenica, Aprile 28, 2024
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Il vasetto di Pandora ed il tentato diamanticidio in occasione del 5 maggio

Pandora ha aperto il suo vasetto, e quel che n’è uscito non sono tutti i mali del mondo – come narra la mitologia greca – bensì un genio del marketing e delle pubbliche relazioni che – affé sua – ha sì effettuato un colpo da maestro (del marketing e delle pubbliche relazioni) ma l’ha pure fatta – è proprio il caso di dirlo – fuor dal vaso.

Pandora, un leader mondiale annuncia: mai più diamanti naturali sui nostri gioielli!

Il tentato diamanticidio – avvenuto in ricorrenza (potenza evocativa della Storia) del dugentesimo anniversario (5 maggio 1821) del “mortal sospiro esalato dall’Uom Fatale”1 (Napoleone) – è conseguenza diretta della stura di cui sopra e del cancan giornalistico internazionale che n’è seguito (su tutti i media della comunicazione, anche non di settore2), ed è opera d’un austriaco stanziatosi permanentemente nella californiana Silicon Valley, con bella vista sulla Baia di San Francisco, co-fondatore e co-proprietario della Diamond Foundry (nomen omen). Anche lui però, infoiato per le Dee Etica ed Eco-Sostenibilità, se l’è lasciata scappare fuori dal vaso, per così dire. Il vostro Grillo Sparlante (GS, per gli amici) “stette, al nunzio, percosso, attonito”1 e poi ingranò la marcia a quei pochi neuroni di cui dispone la sua grillesca capoccia, onde por ordine alle idee.

Allordunque, veniamo ai fatti. Pandora, coi suoi 26.000 impiegati e 7.000 outlets sparsi nei 4 continenti abitabili3, coi suoi 3 miliardi di dollari (US) di vendite effettuate (85 milioni di pezzi) in 100 Paesi inclusa la natia Danimarca, può ben considerarsi uno dei maggiori produttori di gioielleria del Pianeta Terra. Pandora – per bocca del proprio CEO Alexander Lacik – annuncia, il 5 maggio scorso, all’Urbe (in questo caso Copenhagen) ed al Mondo intiero che non monterà più nemmeno un punto (1/100 di carato) di diamante naturale nei suoi gioielli4, bensì solo ed esclusivamente diamanti sintetici, ritenuti più “etici, ecocompatibili, sostenibili e carbon-free o carbon-neutral”. Talché – cito papale papale – “il mondo verrà lasciato in condizioni migliori”. La notizia rimbalza di redazione in redazione5 da un capo all’altro del globo terraqueo, esonda da tutti i possibili schermi, suscita scalpore e stupore (nei meno informati) e giubilo e gioia (nelle turbe assetate di consapevolezza – etica ed eco-sostenibile, ça va sans dire – sulle sorti di Gea e dell’Umanità tutta). È come se la Coca-Cola annunciasse di non vendere più Coca-Cola o McDonald’s i suoi Mac panini imbottiti6, per le suddette etiche ragioni. Una catastrofe, per l’“invincibile”, l’“indomabile” αδαμας Adamas? “Ei fu”?1 Non proprio. Se l’effetto della copertura mediatica (l’apparenza) è stato uno strepitoso battage pubblicitario a costo zero – un colpo da maestro, dicevasi, laureandosi campione di giustizia sociale, all’apparenza – non così è la sostanza delle conclamate virtù. Il perché è presto detto: il 95% dei ciondoli, dei braccialetti, degli anelli, delle collane e degli orecchini prodotti da Pandora vanno, al pubblico, al di sotto dei 150 dollari e solo 1 su 1700, ovvero 50.000 pezzi, contiene dei diamanti naturali5. Tradotto in percentuale: lo 0,04%. Il resto delle pietre è tutto zirconio cubico (prodotto artificiale). Tira pure sui costi coll’utilizzare montature in argento sterling e leghe metalliche placcate oro 14 kt (è quel che fanno e, non soddisfatti, si ripropongono puranche d’utilizzare metalli riciclati, in futuro), tira pure la coperta di Linus da tutte le parti, ma con max. 150 dollari (vendita al pubblico!) che diamanti (naturali o sintetici che siano) incastoni in quei 50.000 pezzi? Non certo centinaia o decine di migliaia di carati6. Qualche migliaio. L’impatto sull’industria del diamante (naturale) è quindi pari a zero virgola zero e qualcosa, in termini economici (diverso sarebbe il caso se a far l’annuncio fosse stato Bulgari, Tiffany, Cartier, Van Cleef & Arpels, giusto per non far nomi o, Dio non voglia, la De Beers).

Figura 1 – Alexander Lacik, CEO di Pandora. (Foto: Pandoragroup.com)

Nella tana del Grillo, ad un’operazione del genere vien affibbiato un termine ben preciso: grande bluff e manipolazione dei media in assenza di evidenze scientifiche

Sì, si tratta di un bluff7, ammantato dei messianici messaggi del Nuovo Credo Verde a cui sempre più – acriticamente – ci si prostra. Sparati a dritta ed a manca senza uno straccio di spiegazione scientifica che li supporti. Affermare categoricamente che i diamanti sintetici sono etici, ecocompatibili, sostenibili e carbon neutral, al contrario dei diamanti naturali, e non fornir evidenza alcuna – indipendentemente ed imparzialmente certificata – di quanto affermato, non li fa automaticamente diventar tali. O si ha la pretesa d’imporre dogmi ed atti di fede, come fosse una Nuova Religione Rivelata? Non ha forse diritto, il consumatore finale (ma anche il gioielliere, l’operatore del settore) di venir compiutamente informato circa la reale valenza delle citate asserzioni, al fine di giustificare la propria scelta a favore dell’uno o dell’altro dei due prodotti?8 E qui lasciamo la parola a Herr/Mister Martin Roscheisen2, il Profeta della Diamond Foundry, dacché quanto attestato da Pandora non è altro che l’eco del di Lui Verbo, visto e considerato che è la di Lui “Fonderia del Diamante” da due miliardi di dollari di capitalizzazione a rifornire d’ora innanzi la mitica norrena regina del gioiello (Pandora) di quelle (dice Lui) “pietre preziose sfornate senza impattare in alcun modo sull’ambiente, senza sfruttare la manodopera a basso costo impiegata nelle miniere, senza esercitare violenza sulla natura creando problemi ambientali e sociali”2. Il Profeta è altresì deciso “a ripulire il diamante dal sangue”, come ben illustrato dall’attore Leonardo Di Caprio nel film “Blood Diamond” del regista Edward Zwick9. Sarà forse per questo che, coerentemente dal (suo) punto di vista etico, si presume, il buon Di Caprio ha pensato bene d’investire qualche milioncino di dollari in detta Fonderia10. Tra lui ed un bel manipolo di alti papaveri della Silicon Valley miliardaria (soci fondatori di Google, di iPod, di eBay, di Twitter, di Facebook), v’è stata un’iniezione di 100 milioni di dollari11 a ravvivare le “magnifiche sorti e progressive” della Fonderia, che ora si potrà dedicare alla redenzione del mondo. Nulla da ridire sul modo d’investire il proprio denaro. Ma che non si faccia passar ciò per qualcosa d’etico, please, dacché per “etico” s’intende – per definizione – “ciò che riguarda l’attività umana in quanto valutabile col criterio di distinzione tra bene e male”. Orbene, mi si vuol cortesemente dire ove si collochi la linea di demarcazione tra il bene ed il male, nell’attività umana che, per quanto riguarda l’ambiente, contempla un consumo d’energia elettrica assai maggiore, nella produzione del diamante sintetico, di quel che non sia per l’intero ciclo d’estrazione del naturale, come accertato e certificato dalla SCS Global Services12? E, nello specifico, per la Diamond Foundry, un fabbisogno di 19 megawatts13, corrispondente al consumo di 14.000–19.000 abitazioni secondo il California Energy Department14? C’è qualcosa di etico (o eco sostenibile, se è per quello) nel fatto che tale ammontare energetico derivi per il 98,46% da produzione idroelettrica e per il solo restante 1,54% da altre fonti (rinnovabili)? Questo è quel che risulta al California Energy Department ed al Public Utility District della Contea di Chelan14, Stato di Washington, fornitore d’energia elettrica per detta Fonderia. Dati alla mano, anche se risalenti alla fine del 2019. E che ci dicono, invece, lorsignori? Che, per il 60%, si fa uso di energia rinnovabile, al 100% dall’anno a seguire15. Davvero, in così poco tempo, sì repentine conversioni? Aneliamo lumi.

Figura 2 – Martin Roscheisen, CEO di Diamond Foundry. (Foto: Diamondfoundry.com)

Emissioni di CO2 tre volte superiori a quella necessaria per l’estrazione di diamanti in miniera. Ma quanto sei veramente etico, diamante sintetico?

Chi la racconta giusta, e chi no? Dobbiamo anche questa metterla in conto all’etica, oppure no? O spararle grosse sono solo “spiritose invenzioni”, per dirla col commediografo italiano Carlo Goldoni? O, visto che alla data d’oggidì nessun produttore di diamante sintetico risulta tra gli utilizzatori di fonti d’energia rinnovabile, i consumi di quest’ultima son solo “crediti energetici”? Pure questa, in conto all’etica? Chiedere alla TRUCOST ESG Analysis (Gruppo S&P Global)16, la più credibile agenzia, indipendente, d’analisi dei rischi ambientali a livello internazionale. Traducendo consumi energetici (reali) in emissioni di CO2 (in base a parametri sperimentali pure reali), TRUCOST ha accertato che, in media, l’emissione di CO2 per carato di pietra tagliata è, per il diamante sintetico, di 511 kg, e per il diamante naturale, 160 kg, tre volte meno. Tre volte meno! Alla faccia della sostenibilità ambientale di chi ha fatto, di questa, il proprio cavallo di battaglia per la promozione del proprio prodotto, sostenendo – cito – che “i nostri diamanti sintetici sono fatti a zero emissioni: usiamo energia dalle rinnovabili e produciamo ossigeno durante il processo convertendo il biossido di carbonio, senza creare problemi al Pianeta o alla società”! Un problema, comunque, pare ci sia: di credibilità, se non di onestà intellettuale. E a proposito d’impatto sull’ambiente, che mi si dice del consumo d’acqua? Si declina (eticamente) l’invito a comunicare cifre. Complimenti, ragazzi, di bene in meglio! Vogliamo ora analizzare a fondo l’asserzione relativa allo sfruttamento della manodopera nelle miniere (di diamante naturale)? Bene, assodato che​​​​​ circa il 70% della produzione mondiale viene effettuata in ben strutturati impianti industriali solidamente in mano a compagnie minerarie (De Beers, Alrosa, Rio Tinto, BHP Billiton, tra le principali) ove si opera in perfetta aderenza alla legislazione in materia di lavoro, sanità e regolamentazione ambientale in vigore nel Paese di riferimento, che circa il 10% è da addebitarsi ad estrazione di tipo alluvionale ma su scala industriale (e quindi controllata) e che solamente il restante 14–20% avviene ad opera di soggetti indipendenti (minatori singoli o a gruppi) in condizioni definite “socialmente ed ambientalmente a rischio”, che ci dicono i numeri?

Figura 3 – Reattore al plasma utilizzato da Diamond Foundry per la produzione di diamanti sintetici. (Foto: Diamondfoundry.com)

Che strana etica, distruggere milioni di posti di lavoro nel Sud del mondo per favorire poche manifatture del Nord avvantaggiato

I numeri ci dicono che la ricchezza generata dall’attività estrattiva del diamante (controllata), all’interno dei Paesi produttori e delle locali comunità minerarie, a livello globale, s’aggira sui 16 miliardi di dollari/anno netti, di cui: 3,9 miliardi in salari e fringe benefits per i 77.000 dipendenti delle compagnie minerarie; 6,8 miliardi in profitti per i locali fornitori di beni e servizi per le miniere; 3 miliardi tra tasse, dividendi e royalties versati ai governi locali o centrali, investiti da quest’ultimi in sanità, opere pubbliche ed istruzione, come ampiamente dimostrato in Australia, Botswana, Canada, Sudafrica e Russia (Jacuzia). A conti fatti, son 12 i miliardi che, direttamente o indirettamente, ricadono ogni anno a beneficio delle locali comunità16, a fronte dei circa 500 milioni distribuiti come dividendi ai soci investitori. Aggiungete a tutto ciò i 25 miliardi/anno che orbitano nella galassia del tagliato, valore all’ingrosso. Domanda da tre soldi: la Fonderia (o le “fonderie” varie) del sintetico, che numeri (equivalenti) generano? A quanti posti di lavoro danno origine, contribuendo a dar da mangiare a quanti esseri umani (non investitori, ma bocche da sfamare, tra lavoranti e lor famiglie)? Qualche decina (Diamond Foundry), qualche centinaia, qualche migliaia di posti lavoro, oppure le decine di milioni, in giro per il mondo, com’è il caso del diamante naturale? Chiediamoci: dove sta la linea di demarcazione tra il male (ciò che procura sofferenza/danno a “Sora Nostra Madre Terra che ci sustenta e ci gubierna”17 ed agli umani che la popolano) ed il bene (il suo contrario), in questo caso, ed in tutto il resto che abbiam considerato? Detto anche altrimenti: visto dove si collocano gli impianti per la produzione del diamante sintetico ad uso gemma (USA, UK, Russia, Cina) vale a dire nella parte più economicamente avanzata del Pianeta, e dove si situa invece la maggior parte dei Paesi produttori, vogliamo travasare la ricchezza ed i posti di lavoro ingenerati dal diamante (anche nella manifattura del tagliato), dal Sud al Nord del Mondo, dai Paesi meno ricchi a quelli più ricchi? A nessuno interessa il caso del Botswana18, passato – grazie al diamante – da un PIL a livello di Haiti, negli anni sessanta, ad uno che lo vede ai primi posti in Africa? E che dire dello Stato di Gujarat in India, dove imperava la fame ed ora imperano taglierie di diamanti impieganti centinaia di migliaia di addetti? È ben strana, quest’etica, ma tant’è!

Costi di produzione più alti ma sul mercato valgono la metà dei naturali e poi i sintetici non sono neanche più grandi

Davvero come afferma il Profeta2 “il costo di produzione per carato dei diamanti sintetici è il doppio rispetto a quello dei naturali anche perché sono molto più puri, ma sul mercato il prezzo alla fine è la metà, tanto è folle il settore dei preziosi tradizionali” e “il prezzo per carato delle gemme della Diamond Foundry è di circa 282 dollari e quello dei diamanti (naturali) della De Beers e della russa Alrosa è di circa 133 dollari e sono i ricarichi legati al taglio, alla politura ed alla rete di vendita che li rendono però più costosi”? Fatemi capire: con costi di produzione doppi (rispetto al naturale) e prezzi sul mercato ridotti alla metà, si rimane in attività? C’è qualcosa che mi sfugge. Urge spiegazione supplementare. Non mi soffermo nemmeno sull’asserzione “quelli che riusciamo a fare noi in laboratorio, con singoli cristalli di grandi dimensioni, ottenerli in natura è pressoché impossibile”, in quanto è sufficiente compulsare i vari siti informativi di settore per stabilire che non passa mese senza l’annuncio di qualche rinvenimento di qualche pietrona di grossa stazza (centinaia di carati), in qualche miniera in giro per il mondo. E basta comparare la caratura di questi grezzi con quella dei sintetici “Maciste”, per rendersi conto che qualcosa non quadra nemmeno qui: ultimi dati: 46,20 ct per un CVD e 115,65 ct per un HPHT prodotti in Cina19.

Figura 4 – Diamanti sintetici prodotti da Diamond Foundry. (Foto: Diamondfoundry.com)

Da un secolo e più possiamo scegliere tra gemme naturali e omologhe sintetiche ma nessuno finora ci aveva fatto crociate mistico/fideistiche

E non vado oltre, poiché ritengo risulti palese che il tentativo d’ammantare d’eticità, in maniera nient’affatto “etica”, dei semplici interessi di bottega – e per di più facendo leva sulla buona fede e sull’emotività “ecologica” del pubblico ricorrendo alla desinformatzija – tutto sia fuorché etico. L’acquisto d’un diamante sintetico piuttosto che d’uno naturale risponde alle stesse motivazioni che han guidato la scelta del consumatore finale, tra il prodotto di Madre Natura ed il prodotto di laboratorio, del rubino (dal 1896), dello zaffiro (dal 1910) e dello smeraldo (dagli anni 1930): la soddisfazione d’una pulsione estetica/emotiva assecondando le esigenze e le disponibilità del portafogli. E se i guru delle ricerche di mercato danno i Millennials (nati tra il 1981 ed il 1996) e la Generazione Z (nati tra il 1995 e il 2010) – le presenti e future leve nel consumo del “prezioso” – orientate per una virata verso il diamante sintetico sino ad un terzo delle vendite entro il 2030, nulla da eccepire. Ognuno, coi propri soldi, può far quel che più gli pare e piace. Ma la scelta sia fatta in piena consapevolezza circa i meriti dell’un e dell’altro prodotto, al di là di considerazioni di tipo mistico/fideistiche in nuovi “Credi”. Questo è il punto. Ed è ciò considerando che il vostro GS s’è fatto acceso sostenitore della promulgazione d’una normativa regolamentante la commercializzazione del diamante sintetico in Italia, normativa che verrà pubblicata – per i tipi UNI (Ente Italiano di Normazione) – entro i prossimi mesi: a garanzia e protezione dell’operatore commerciale e del consumatore finale. Lasciando pur in disparte, per l’amor di Dio, il suggerimento del Nonno GS che, impudente, impudico ed impertinente, ebbe a consigliare: “figliuolo, scegliere tra un prodotto naturale ed uno non naturale è come scegliere tra l’aver tra le mani una vera donna in carne ed ossa, o una bellissima bambola gonfiabile. A te la scelta”. Qual nonnaccio!

Gemmologia controcorrente dal “Grillo Sparlante” Luigi Costantini, pubblicata su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 12, Estate 2021

Note ed approfondimenti:

1 Adattamento dall’Ode “Il Cinque Maggio 1821” di Alessandro Manzoni.
2 “Dai pannelli solari ai diamanti artificiali: vi spiego quanto vale un gioiello a impatto zero”, Jaime D’Alessandro, La Repubblica, 14 Maggio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
3 “Pandora launches lab-created diamond collection”, Pandora, 4 Maggio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
4 “Pandora’s Moving from Natural to Lab-Grown Diamonds”, Lenore Fedow, National Jeweler, 4 Maggio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
5 “Pandora Stops Using Mined Diamonds, A Product It Rarely Used”, Rob Bates, JCK Online, 5 Maggio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
6 “Pandora’s PR Master Stroke”, John Jeffay, IDEX, 6 Maggio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
7 “Pandora’s Bollocks: How a Charm Company Manipulated the Media”, Rob Bates, JCK Online, 12 Maggio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
8 “We Need to Change the Way We Talk About Lab-Grown Diamonds”, Lenore Fedow, National Jeweler, 11 Maggio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
9 “Blood Diamond”, IMDB (Consultato il 14 Giugno 2021)
10 “Diamond Foundry makes high-end diamonds in a lab”, Jeniece Pettitt, CNBC, 15 Dicembre 2015 (Consultato il 14 Giugno 2021).
11 “10 billionaires and Leonardo DiCaprio just invested in a startup that claims it can grow hundreds of real diamonds in 2 weeks”, Alyson Shontell, Business Insider, 11 Novembre 2015 (Consultato il 14 Giugno 2021).
12 “The Ongoing Quest for a Sustainable Diamond”, Rob Bates, JCK Online, 22 Febbraio 2021 (Consultato il 14 Giugno 2021).
13 “Sustainable hydropower and strategic planning bring new jobs”, Kimberlee Craig, Chelan County Public Utility District, 6 Giugno 2019 (Consultato il 14 Giugno 2021).
14 “Diamond Foundry Signs Power-Full Factory Deal”, Rob Bates, JCK Online, 14 Giugno 2019 (Consultato il 14 Giugno 2021).
15 “Pandora Brilliance. Sustainably lab-created diamonds”, Pandora (Consultato il 14 Giugno 2021).
16 “Truth Matters”, Jean Marc Liberherr, IDEX, 14 Luglio 2019 (Consultato il 14 Giugno 2021).
17 Il Cantico delle Creature – San Francesco.
18 “Diamonds Are Important to Botswana, Says Country’s Presidents”, Rob Bates, JCK Online, 4 Giugno 2019 (Consultato il 14 Giugno 2021).
19 “12.75-carat Diamond is Largest Ever CVD Lab-Grown, says IGI”, John Jeffay, IDEX, 26 Novembre 2020 (Consultato il 14 Giugno 2021).

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