giovedì, Marzo 28, 2024
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Opali etiopi. Fatti, favole e paure

Introduzione

Racconta la leggenda che Sheba, regina d’Etiopia, quando si recava in visita a Re Salomone a Gerusalemme s’adornava con opale prezioso. La prima prova che si conosca di uso di opale da parte degli uomini risale ad approssimativamente 6000 anni fa(1). Nel 1939 l’archeologo Louis Leakey scoprì in una grotta a Nakuru nel Kenya manufatti in opale risalenti, secondo Il libro di Allan Eckert, “Il mondo dell’opale”, al 4000 a.C. Questi opali con molte probabilità provenivano dall’Etiopia.

Figura 1 – Aree di estrazione dell’opale in Etiopia (Foto: Jeffery Bergman).

Parte 1 – Fatti

In tempi moderni l’opale fu scoperto in Etiopia agli inizi degli anni ‘90 a Mezezo, nella provincia di Shewa. Si trovarono noduli d’una roccia ospitante vulcanica marrone rossastra che contenevano opale prezioso arancio, marrone rossastro e marrone “cioccolato” dei quali una percentuale significativa soggetti a facile spaccatura(1,2).

Nel 2008 a Wegel Tena nella provincia di Welo (nota anche come Wollo) furono scoperte grandi quantità di opale prezioso bianco e cristallo, a volte anche di materiale nero; le rendicontazioni indicano che “ogni pezzetto è stabile come i meglio conosciuti opali australiani”(4). Nel 2013 nella miniera di Stayish, Gashena, nella provincia di Welo, fu scoperto opale per lo più grigio scuro e nero insieme a quello bianco e cristallo(5). Questo nuovo materiale viene riportato come stabile e del tipo idrofane(6,7).

L’industria mineraria artigianale etiope impiega più di un milione di persone. Tra le più importanti tipologie di gemme trovate in Etiopia si annoverano granati, smeraldi, rubini ed opali. L’opale concorre per quasi il 98% all’export di pietre preziose del paese(8). Il volume della produzione di opale di provenienza etiope è stato enorme. Le produzioni combinate per il 2011 e per il 2012 sono stimate in 40 tonnellate(9). Basandosi su una resa prudenziale del 20% ciò potrebbe aver dato luogo a produzioni di 40 milioni di carati di opale tagliato.

Ventisette sono i paesi registrati come acquirenti dell’opale etiope con India, Cina e Stati Uniti che svettano tra i consumatori(10). Basta farsi una passeggiata in un’importante manifestazione fieristica per farsi un’idea dello straripante volume di opale etiope ora sul mercato, tanto da competere con quello che si ottiene attualmente dall’Australia. Infatti l’Etiopia forse ora ha sorpassato l’Australia come leader mondiale nella produzione di opali.

Figura 2 – Uno dei tanti stand alla fiera di Hong Kong del settembre 2016, pieno di opali etiopi di ogni misura e qualità. (Foto: Jeffery Bergman)

Nel 2010 il minatore d’opale australiano Peter Blythe ha scritto: “Mi permetto di fare questa dichiarazione che farà forse arrabbiare qualche amante dell’opale australiano. Se il bacino di reperimento è esteso come potrebbe ben essere forse in futuro l’Australia potrebbe perdere il proprio dominio nel mercato dell’opale chiaro. La gente nella nostra industria la deve smettere di citare la frase: l’Australia produce il 95% dell’opale mondiale. Ciò semplicemente non è più vero”(11). Per esperienza dell’autore l’opale etiope si vende con forti sconti rispetto al materiale australiano di pari dimensioni. Ciò equivale a circa il 50% in meno per le misure piccole della merce economica fino al 90% in meno per le qualità più grandi e più fini. La maggior parte degli opali offerti alle fiere di Settembre di Bangkok e di Hong Kong si sono assestati nella categoria di prezzo di 10-50 US $/ carato con punte che pure si potevano trovare da un minimo di US$2 per carato ad un massimo di US$200 per carato.

Figura 3 – Opali Wollo assortiti da Gilt Co. Ltd. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 4 – Eccezionale opale Wollo dalla New Era Gems. (Foto: Jordan Wilkins)

“Molti degli opali etiopi delle migliori qualità mostrano una brillantezza in una scala mai vista dai tempi delle prime produzioni sud australiane di Andamooka”, ha scritto George Williams, Senior buyer di gemme per JTV. Pezzi rari e veramente eccezionali possono competere con i livelli dei cartellini australiani. Nel padiglione Fine Gems dell’Asia-World Expo di Hong Kong, A. Kleinman & Co. ha esposto un pezzo ragguardevole a 650 US $ per carato. Un opale etiope di 100,11 carati è apparso in una elaborata clip dal nome “Paysage d’Opale” da Van Cleef and Arpels, Place Vendôme, Parigi nella collezione California Rêverie.

L’improvvisa disponibilità di quantità senza precedenti di bell’opale a prezzi assai più bassi di quanto il mercato era arrivato ad aspettarsi ha rafforzato la domanda di opale nel mondo. Questa abbondanza è evidente anche nelle collane, prodotti difficilmente disponibili tra la merce australiana e ora invece diffusi nel materiale etiope che spazia dall’opale bianco in bassa qualità alle perline multicolor nelle qualità gemma più fini.

Figura 5 – Bead (perline) di opale tinte di arancione, blu e nero, e colori naturali. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 6 – Bead (perline) di opale a foro passante. (Foto: Jeffery Bergman)

Parte 2 – Paure

Storicamente l’opale è stato considerato più fragile di molte altre gemme(14). Il fatto d’essere relativamente più delicato rispetto ad altre pietre significa che si può anche graffiare più facilmente. Si sa inoltre che essendo fragile può scalfirsi molto facilmente solo con un impatto minimo. Ma la caratteristica più fastidiosa è la tendenza dell’opale a creparsi o a farsi a pezzi senza apparente ragione. Si ha a che fare con questo temibile fenomeno con gli opali – chi più chi meno – di tutte le provenienze del mondo, con la probabile eccezione, secondo l’esperienza dell’autore, di quello di,Andamooka, nell’Australia del Sud.

L’eccellente reputazione dell’opale australiano si deve in gran parte alla sua generale tendenza a creparsi o frantumarsi solo in minima parte, ma anche alla diligenza dei produttori che eliminano il materiale problematico non ammettendogli sbocco sul mercato. Con la loro storia documentata di oltre 100 anni gli opali australiani fissano un preciso riferimento per il commercio, uno standard attraverso il quale si giudicano gli altri opali.

La prima produzione di materiale da Mezezo, nella provincia di Shewa, si è fatta rapidamente conoscere come il primo opale color cioccolato al mondo, ma aveva la brutta abitudine di creparsi e/o di sgretolarsi. Le notizie sulla tendenza all’autodistruzione di questo materiale si sono propagate rapidamente, instillando la paura dell’opale etiope tra i commercianti di tutto il mondo. Tentativi di stabilizzare il materiale di Mezezo sfociarono nell’emissione di una licenza (US20110126815, del 30 novembre 2010). L’intero processo, composto da più fasi, richiede un anno intero per essere completato, tuttavia la sua efficacia non è mai stata documentata(16). Il laboratorio SSEF di Basilea in Svizzera ha esaminato due noduli trattati con resina nel 2011, uno dei quali è andato in pezzi mentre era in possesso del laboratorio(17).

Figura 7 – Esempio di un opale etiope grezzo fratturato. (Foto: Jeffery Bergman)

Nel 2009 la rivista The Australian Gemmologist diede notizia di una tecnica per il trattamento di stabilizzazione degli opali Shewa tagliati a cabochon che consisteva in immersione in etanolo anidro in un’apparecchiatura a pressione (autoclave), con lento riscaldamento a 80º C mantenuto a temperatura per circa una settimana che portava ad un essiccamento superficiale. Nella seconda fase del processo venivano introdotti nei pori aperti dell’opale sol di silicio idratato con basso peso molecolare, trasportati sotto pressione da 500 a 600 bar (cioè 500 o 600 volte la normale pressione atmosferica), dopo un trattamento sottovuoto preliminare.

Dopo il trattamento, in questo materiale Shewa, si è riportata un’assai minore propensione alla crepatura, anche se il Direttore fa notare che “poiché non sono stati pubblicati test standardizzati atti a verificare comparativamente la propensione dell’opale a frantumarsi, resta difficile dimostrare quantitativamente che questi campioni cabochon mostrino un’aumentata stabilità alla spaccatura in rapporto agli esempi di porzioni non trattate dello stesso materiale, ad eccezione di un’esperienza comparativa soggettiva”(3). A commento di questa complessa procedura hi-tech, Gems & Gemology del GIA afferma che: “un processo di stabilizzazione è stato sviluppato per impedire la frantumazione dell’opale etiope (Filin e Puzynin , 2009), ma secondo la nostra esperienza ciò non sembra necessario per gli opali translucidi di Wegel Tena”(18).

Per quanto riguarda la questione della durezza Bear Williams dello Stone Group Laboratory ha dichiarato: “diffusamente venduto come bel cristallo, l’opale è anche abbastanza duro e stabile da poter essere trattato per affumicatura e riscaldamento senza spaccarsi. Dopo il trattamento ho fatto cadere su un pavimento di piastrelle un opale tondo di Wollo, tra i più piccoli, da un’altezza di circa 2 metri. La maggior parte degli opali australiani si sarebbe rotta. Persino un diamante si sarebbe potuto fendere, invece questo opale rimbalzò intatto”(10).

Il GIA ha reso noti i risultati di test simili a questo dichiarando: “Ci siamo resi conto per caso che gli opali di Wegel Tena possono resistere ad una caduta su un pavimento duro da un’altezza di un metro e mezzo senza che vi siano danni visibili, neppure al microscopio. Questo test, ripetuto su 5 opali ovali cabochon, non ha riportato segni di danneggiamento. Lo stesso esperimento con cinque ovali cabochon del deposito di Mezezo e con the ovali cabochon d’opale bianco australiano (tra cui un boulder) s’è concluso con la rottura di tutti i campioni”(18). I test preliminari di due autorevoli laboratori gemmologici mostrano che l’opale di Wegel Tena è considerevolmente più duro dell’opale australiano.

Figura 8 – Opali etiopi immersi in acqua mentre mostrano la loro natura idrofane. Nella foto a sinistra, l’immersione dopo un minuto; nella foto a destra, l’immersione dopo 60 minuti. (Foto: Jeffery Bergman)

Mike Romanella, socio della Commercial Mineral Company di Scottsdale, in Arizona, nota che i suoi due anni d’esperienza con l’opale di Wollo sono stati positivi malgrado questo non abbia i 100 anni di storia documentata dell’opale australiano. “Abbiamo visto che tra le decine di migliaia di pezzi che abbiamo lavorato pochi si sono frantumati e non abbiamo avuto restituzioni dai nostri clienti”(10).

L’ultimo grande elemento caratteristico è il grado variabile dell’effetto idrofane (capacità di assorbimento dell’acqua) che può spaziare da insignificante ad estremamente accentuato. Si osserva che il materiale di Wollo, se immerso in acqua, registra un incremento di peso dallo 0% fino al 50 % in casi estremi(9). Per esperienza dell’autore la maggior parte di questo materiale è idrofane in maniera moderata, con guadagno tra il 5 ed il 15%. Sebbene vi siano state notizie di rotture causate dall’idratazione ripetuta e dalla colorazione del materiale di Welo, lo Stone Group Laboratory ha condotto test rigorosi e riferisce: “Nell’immergere molte pietre per poi lasciarle ad asciugare ripetutamente (12 volte), non ci sono state rotture e non è cambiato l’aspetto originale. Il laboratorio ha sottoposto le pietre più piccole a forte riscaldamento per deidratare rapidamente le pietre a mollo nell’acqua trovandole stabili anche in queste condizioni”(12).

La qualità peculiare d’idrofane preoccupa i consumatori che senza volerlo lasciano i propri opali idrofane entrare in contatto con liquidi diversi dall’acqua pura. Per esperienza dell’autore, ogni tipo d’olio, sudore incluso, può ridurre permanentemente o perfino eliminare il bel gioco di colore.

Figura 9 – Assortimento di opali etiopi idrofane tinti tra cui il nero trattato per affumicatura. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 10 – Sebbene la maggior parte dell’opale nero etiope sul mercato sia trattato per affumicatura, è disponibile anche quello nero naturale. Questo materiale è stato segnalato come non idrofane. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 11 – Sebbene la maggior parte dell’opale nero etiope sul mercato sia trattato per affumicatura, è disponibile anche quello nero naturale. Questo materiale è stato segnalato come non idrofane. (Foto: Jeffery Bergman)

L’effetto idrofane offre anche l’opportunità di introdurre una serie di colorazioni nella struttura dell’opale che provocano tinte artificiali alquanto stupefacenti, non escluso l’agognato nero. I rosa, i verdi ed i blu vividi sono facili da riconoscere; gli aranci ed i rossi possono trarre un po’ più in inganno poiché imitano il bel colore naturale dell’opale di fuoco messicano e brasiliano.
Opale nero naturale è stato scoperto nel 2013 nella miniera di Stayish, a Gashena, nella provincia di Welo. InColor, nel numero della Primavera 2015 riferisce: “verifiche preliminari presso il Gübelin Gem Lab in Svizzera hanno rivelato che, fino a questo punto, non vi sono prove di porosità in questo nuovo materiale, il che perciò lo escluderebbe dalla definizione di idrofane”(7).

L’opale etiope ha caratteristica di idrofane a causa della sua struttura interna. Il tipico opale resistente all’acqua non idrofane è composto da sfere di silice sistemate in modo ordinato ed in maniera stretta e compatta in maniera tale da non permettere all’acqua di penetrare. Al contrario, le sfere di silice nell’opale idrofane sono disposte in modo casuale e non strutturato con ampio spazio perché l’acqua e gli altri liquidi siano assorbiti.

I timori iniziali di spaccature dopo ripetuti cicli di immersioni in acqua e cicli di asciugatura si sono dimostrati largamente infondati. Il GIA riferisce: “i campioni sottoposti a periodi alternati di immersione in acqua non avevano cambiato l’aspetto (colore, diafanità, spaccature o gioco di colore). Una cliente si lamentava del fatto che, indossando costantemente un opale, esso diventava più trasparente sotto la doccia, quando nuotava o metteva le mani in acqua in qualunque maniera. Riconobbe, tuttavia, che dopo un po’ di tempo l’opale tornava sempre al suo aspetto originale (a seconda della durata dell’immersione) – il che lo si deve alla peculiarità della sua natura d’idrofane”(18).

Qualche operatore ha proposto di riclassificare a livello commerciale l’opale idrofane. Nel suo resoconto per il Rapaport Magazine, Deborah Yonick ha scritto: “Bisognerebbe riconoscere in quello di Wollo un nuovo tipo di opale in quanto la sua capacità di assorbire o perdere acqua influenza la trasparenza ed il gioco di colore da bagnato per poi recuperare tutte le proprie qualità da asciutto”. I report dei ricercatori descrivono questo nuovo opale etiope come differente da quelli della provincia di Shewa. Verifiche di laboratorio sull’opale di Wollo hanno rivelato che molti campioni, immersi ripetutamente in acqua ed essiccati per un certo lasso di tempo, erano resistenti alla crepatura. Non solo sono stabili – dicono i ricercatori – ma sono sorprendentemente duri(10).

Figura 12 – Sfere di silice posizionate in modo ordinato ed in maniera stretta e compatta in opale non-idrofane impermeabile. (Foto SEM: George Rossmann)
Figura 13 – Sfere di silice in opale idrofane, disposte in modo casuale e non strutturato sistemate in modo ordinato ed in maniera stretta e compatta in maniera tale da non permettere all’acqua di penetrare. Al contrario, le sfere di silice nell’opale idrofane (Figura 12) sono disposte in modo casuale e non strutturato con ampio spazio perché l’acqua e gli altri liquidi siano assorbiti. (Foto SEM: George Rossmann)

Testare l’effetto idrofane è cosa piuttosto semplice. Il GIA suggerisce, usando il microscopio, “di depositare sulla superficie una singola goccia d’acqua e di osservare come questa interagisca con l’opale. Dopo aver lasciato per pochi secondi che l’acqua o evapori o infiltri la pietra, riesaminarne l’aspetto. Se l’acqua è stata assorbita nella pietra, l’indice di rifrazione di quell’area sarà leggermente differente, creando un’anomalia ottica dove è stata posizionata la goccia: la conferma che la pietra è un idrofane”(20).

Francesco Mazzero di Opalinda, esperto di opali e membro dell’ICA, ha sollevato una questione importante. Questo cambio di peso potrebbe presentare problemi quando si ha a che fare con uffici doganali che pretendono di pesare l’opale importato. In base ad esperienza personale, l’autore ha sottoposto molti campioni di opale etiope all’esame del laboratorio GIA di Bangkok: il peso controllato era di 23,57 carati alla consegna e di 23,43 al ritiro. Il GIA ha chiesto all’autore di firmare un documento di esenzione di responsabilità che riconoscesse la discrepanza di 0,14 carati prima del ritiro.

Figura 14 – Opalinda consiglia opali con un effetto idrofane medio o minore per l’utilizzo in gioielleria.

La differenza di peso la si può ascrivere al fatto che il mese di Agosto in Thailandia è a metà della stagione delle piogge, cosicché l’umidità relativa è piuttosto alta. Poche settimane di aria condizionata con umidità relativa più bassa nell’atmosfera del laboratorio GIA hanno indotto un effetto essiccante che ha causato la perdita di peso. Spedire da un ambiente umido come Bangkok o Hong Kong verso un clima asciutto come Madrid in Spagna o Tucson in Arizona può provocare un peso più basso all’arrivo e tramutarsi in potenziali problemi se si sviluppasse un contenzioso doganale. La documentazione di quest’effetto fornisce agli operatori una prova che potrebbe un giorno tornare utile.

Francesco Mazzero, continuando a ritenere necessaria la verifica di tutti gli opali etiopi che Opalina commercializza a seconda dal grado di effetto idrofane che mostrano, ha messo a punto una scala di paragone in sette punti. Si pesa l’opale asciutto, lo si immerge in acqua per cinque minuti e lo si ripesa. Il fattore idrofane viene calcolato nel modo seguente: peso bagnato meno peso asciutto, diviso per il peso asciutto, moltiplicando il tutto per 100. Per esempio, un opale asciutto di 10 carati pesa 10,10 carati dopo cinque minuti in immersione. 10,10 meno 10 = 0,1 ÷ 10 x100 = 1.

Oltre a questa misurazione, Opalinda fornisce un report di laboratorio da parte del Laboratoire Française de Gemmologie che documenta il peso asciutto e il peso differente dopo immersione di cinque minuti in acqua.

Figura 15 – Il protocollo del test dell’opale idrofane, affettuosamente chiamato “metodo KISS”; se assorbe ancora l’acqua, non è impermeabile, quindi non è trattato con resina in poliuretano. (Foto: Barbara Wheat)

Parte 3 – Favole

I Social Media sono divenuti un potente mezzo per la propagazione di informazioni, composte tanto da fatti quanto da favole. Ad agosto del 2015, nel gruppo di discussione “Scamologist” su Facebook, composto allora da oltre 7000 membri, uno dei moderatori affermò che “quasi tutti” gli opali etiopi sono trattati per renderli stabili contro la rottura.

Da ex tagliatore di opale australiano ho visto migliaia di pietre passare attraverso i miei strumenti. A metà degli anni ‘90 ho realizzato una ricerca pubblicata da Gems & Gemology sugli opali sintetici stabilizzati con impregnazione di plastica. Appena gli opali di Welo sono arrivati a Bangkok ho acquistato una piccola selezione di grezzo e di pietre tagliate per la mia collezione personale; non vendo opale etiope.

Da tagliatore di opale ho osservato con attenzione il boom degli ultimi anni riguardo la quantità disponibile alle fiere di Tucson, di Las Vegas (JCK), di Bangkok e di Hong Kong. Armato del mio bagaglio d’esperienza, avevo il sospetto che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato nell’affermazione del moderatore di Scamologist, dunque l’ho messo in discussione. Con mia grande sorpresa un esponente australiano di spicco nel campo dell’industria dell’opale è intervenuto su Scamologist a sostegno dell’affermazione del moderatore, scrivendo: “la maggior parte di questo è stato stabilizzato con poliuretano come materiale” e “La maggior parte dell’opale etiope tagliato sul mercato è senza dubbio stabilizzato”.

Messomi all’opera per trovare prove in una direzione o nell’altra, ho preso in esame cinque commercianti nel Jewellery Trade Centre di Bangkok, conosciuto localmente come JTC. Nessuno di questi aveva disponibili opali trattati con resina “a prova d’acqua”. Ho eseguito un test idrofane a campione: i risultati di questi esami piuttosto limitati sono stati rivelati al 96º Gem Gathering del GIA il 19 agosto 2015 a Bangkok. La risposta su Scamologist dell’operatore australiano è stata che il gruppo da me studiato era troppo ridotto. Ha detto: “Conosco molti commerciati ai principali show. Li stabilizzano”. Ipotizzò che un gruppo di studio più appropriato avrebbe dovuto annoverare 25 operatori agli show di Tucson ed Hong Kong. Così, con l’ex Direttore Generale dell’ICA, Barbara Wheat, quale supervisore di un nuovo e migliorato esame, abbiamo visitato oltre 40 venditori di opali etiopi alle Fiere di Bangkok ed Hong Kong del settembre 2015 visto che per Tucson ci volevano ancora cinque mesi.

Per scovare gli sfuggenti opali trattati con resine, abbiamo detto a tutti i commercianti che avevamo una grande azienda pubblicitaria televisiva in cerca di grandi quantità di opale idrofane etiope, trattato con resine e resistente all’acqua (e veramente era così), chiedendo se potevano fornirci alcuni campioni. Ogni commerciante ci ha confermato che il loro opale idrofane non era resistente all’acqua, ma che in realtà la assorbiva, specificando con franchezza quali fossero i materiali coloranti. Tuttavia nessuno ha potuto rifornirci di un solo campione di opale trattato con resine. Nessuno ne aveva neanche sentito parlare.

In seguito, l’esperto di opale australiano ha scritto: “Immaginate se i test di Mr. Bergman fossero eseguiti con vino rosso invece che con acqua: che sorta di pasticcio mostrerebbero i risultati”. Così, feci come suggeritomi e aggiunsi anche del caffè.

Per l’esperimento sono stati selezionati tre tra gli opali etiopi più bianchi che io potessi trovare, poiché la base bianca meglio contrasta le macchie di vino e caffè. Gli opali sono stati prima pesati, poi immersi in acqua fino a saturarli del tutto e poi ripescati per determinare il loro rispettivo effetto idrofane. Uno ha assorbito circa l’8% e gli altri due il 14 % ed il 15% del loro peso originario. Sono stati scelti per il test i due opali con più grande effetto idrofane, mentre il terzo è stato tenuto come campione per il controllo della corrispondenza del colore di base.

Gli opali sono stati lasciati asciugare finché non sono tornati al peso originale, immessi in vino rosso e caffè espresso e lasciati ad assorbire le due sostanze fino alla completa saturazione. Infine sono stati lasciati ad asciugare finché non hanno ripreso il peso originale. Non ci sono stati cambi visibili negli opali che avevano assorbito vino rosso o caffè.

Figura 16 – Opali etiopi idrofane bianchi completamente saturi di caffè e vino rosso, che non mostrano alcuna decolorazione dopo l’asciugatura. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 17 – Opali etiopi idrofane bianchi completamente saturi di caffè e vino rosso, che non mostrano alcuna decolorazione dopo l’asciugatura. (Foto: Jeffery Bergman)

Il trattamento con resina è un problema quando si ha a che fare con opali di qualsiasi provenienza, in quanto è un mezzo efficace per ridurre la visibilità delle fessurazioni. Per poter comparare correttamente i risultati ho scelto un opale australiano rotto dalla mia collezione, ne ho acquistato uno etiope idrofane dalla misura, forma e colore simili e l’ho riscaldato per indurre fessurazioni. Entrambi gli opali sono stati poi immersi in acqua per 24 ore; l’opale australiano non ha mostrato alcun aumento di peso mentre quello etiope idrofane ha guadagnato circa l’8%. Entrambi sono stati successivamente tenuti in un ambiente secco per 24 ore, riscontrando che l’opale idrofane è tornato al peso originale.

Entrambi gli opali sono stati poi messi in resina sigillante per fratture Opticon® nr. 224 e riscaldati per un’ora ad 80º e poi sottovuoto a 27mm Hg. Questo ciclo è stato ripetuto tre volte, gli opali sono stati lasciati in Opticon per 24 ore, rimossi, ripuliti con tovagliolini di carta ed immersi in soluzione indurente per 10 minuti, rimossi e ripuliti ancora con tovagliolini di carta e lasciati “in cura” per 24 ore prima dell’esame finale.

L’opale australiano ha mostrato un leggero decremento della visibilità delle fratture, senza alcun cambiamento nel gioco di colori. L’opale idrofane etiope ha mostrato una riduzione più evidente della visibilità delle fratture, anche se risultavano comunque visibili tramite un’ispezione più ravvicinata. Inoltre, si è potuta notare anche una riduzione del gioco di colore superiore al 50%. Oltre a questo effetto indesiderato, l’opale idrofane etiope ha sviluppato una nuvola a forma d’uovo in una delle metà della pietra, insieme a centinaia di piccole inclusioni bianche gonfie dall’aspetto di palle di neve, appena percepibili ad occhio nudo ma pienamente visibili tramite un ingrandimento di 10X.

Figura 18 – Opale australiano fratturato a sinistra, opale etiope idrofane a destra. Il trattamento di saturazione in acqua, asciugatura e inserimento in resina Opticon dimostra la riduzione della visibilità delle fratture, e la perdita significativa del gioco di colore nell’opale etiope idrofane. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 19 – Opale australiano fratturato a sinistra, opale etiope idrofane a destra. Il trattamento di saturazione in acqua, asciugatura e inserimento in resina Opticon dimostra la riduzione della visibilità delle fratture, e la perdita significativa del gioco di colore nell’opale etiope idrofane. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 20 – Opale australiano fratturato a sinistra, opale etiope idrofane a destra. Il trattamento di saturazione in acqua, asciugatura e inserimento in resina Opticon dimostra la riduzione della visibilità delle fratture, e la perdita significativa del gioco di colore nell’opale etiope idrofane. (Foto: Jeffery Bergman)

La resina Opticon è incolore, perfettamente trasparente, ma diventa bianca latte se mischiata con acqua. E’ probabile che una piccola quantità d’acqua, causata dall’ambiente umido di Bangkok, è rimasta all’interno dell’opale idrofane etiope, venendo intrappolata dalla resina circostante e mischiandosi ad essa in piccole parti.

Ho ripetuto l’esperimento del trattamento con resina dell’opale idrofane etiope su opali tagliati, con una resina in poliuretano bicomponente e una resina UV per le riparazioni dei parabrezza, entrambe disponibili a Bangkok. In entrambi i casi si è sviluppata un’opacità indesiderabile, particolarmente grave nel caso della resina in poliuretano bicomponente, rendendo il campione invendibile.

Sebbene in teoria il trattamento dell’opale idrofane etiope in resina suoni inizialmente come una buona idea, nella pratica i risultati sono insoddisfacenti. Probabilmente, il GIA ha sollevato la questione più importante, affermando che il trattamento in resina “non è necessario per gli opali traslucidi provenienti da Wegel Tena”(18).

L’individuazione del trattamento da parte dei laboratori gemmologici rappresenta sempre una preoccupazione per fornitori e clienti. Con la scoperta dell’opale idrofane in Etiopia, il potenziale dei trattamenti con poliuretano, con altre resine o con olio è certamente aumentato. Secondo il Direttore dei Servizi di Identificazione del GIA, Shane McClure, “il GIA ne ha visti alcuni, ma non abbastanza, ed io credo che la maggior parte di essi sono stati trattati con olio”(21).

Mikko Åström, designer e produttore di strumentazione gemmologica della finlandese MAGI, afferma che il loro GemmoRaman-532™ ed altre unità basate sui 532nm come il canadese GL Gem Raman™ PL532 sono inefficaci nell’identificazione dei trattamenti in resina degli opali. Fortunatamente, Shane McClure ci assicura che il Renishaw 514nm del GIA e le tecnologie FTIR sono all’altezza, fornendo diagnosi accurate sia per quanto riguarda gli olii che per le resine(21).

 

Sotto la supervisione di Barbara Wheat, 45 aziende che si occupano del commercio di opali etiopi sono state sottoposte ad un sondaggio durante le fiere di gemme e gioielli di Bangkok ed Hong Kong del settembre 2015. Ad ogni commerciante è stato chiesto se potevano fornire degli opali etiopi idrofane trattati con resina, per un’ordinazione da parte di un’azienda pubblicitaria per una famosa TV, e se potevano mostrarne qualche campione. Tutti hanno risposto di no ad entrambe le richieste. La lista include aziende da Stati Uniti, India, Germania, Thailandia, Cina, Hong Kong, Francia ed Etiopia.

Figura 21 – Opale etiope trattato in resina Opticon mostra una parziale riduzione della visibilità delle fratture e la comparsa di caratteristiche “nuvole” e “palle di neve” indesiderate. (Foto: Jeffery Bergman)

Conclusione

Citando Bear Williams, dei Laboratori Stone Group: “Quando viene rilasciata su larga scala un’informazione ancora non confermata dal resto della comunità gemmologica e poi essa si rivela scorretta, vanno intraprese delle azioni per evitare che si diffonda la confusione”(19).

Ho dimostrato che la grande maggioranza degli opali etiopi tagliati sul mercato non sono, senza ombra di dubbio, stabilizzati. Inoltre, vi è la prova gemmologica schiacciante che non hanno bisogno di essere stabilizzati. La diffusione di opale idrofane etiope stabilizzato in resina di poliuretano è, infatti, una favola.

La fiducia dei consumatori è vitale per il buono stato dell’economia del nostro settore, sia nel breve che nel lungo termine. La corretta divulgazione di tutti i trattamenti è cruciale per mantenere la salute economica. Evitare che si diffondano paure infondate di trattamenti inesistenti è parimenti importante. I leader del settore hanno la responsabilità di sostenere i più elevati standard etici del settore, sia dietro la vetrina che attraverso i media.

L’imponente produzione dall’Etiopia ha rinvigorito il commercio di opale nel mondo, e ha indubbiamente rosicchiato una quota del mercato dell’opale australiano. George Williams, Senior Buyer di gemme per JTV, ha scritto: “Ho comprato e venduto opali provenienti da tutte le fonti per tanto tempo e sono entusiasta della varietà di colori, dei motivi e della brillantezza di colori che manifestano gli opali di Welo. Molti esibiscono una brillantezza di un grado che non si vedeva dai tempi dei primi Andamooka sud-australiani. Inoltre, sono disponibili dei bellissimi cabochon a cupola (high dome) che mostrano al meglio il bellissimo gioco di colori nell’opale”(12).

Williams conclude: “Welo ha la stessa importanza nel business odierno dell’opale che avevano le miniere australiane nello scorso secolo. Questa nuova scoperta, che ha portato un’abbondanza delle varietà di opale simili a quelle di Lighting Ridge, Coober Pedy, Andamooka, all’opale messicano o brasiliano, continuerà a riportare frenesia attorno alla “Regina delle Gemme” per molti anni a venire. L’australiano Peter Blythe, cercatore di opale, avverte: “NON dovremmo denigrare questo nuovo opale, perché è controproducente alla promozione dell’opale come gemma e può solo dare ai clienti l’impressione di essere ‘uva acerba’”(11).

Figura 22 – Centinaia di inclusioni simili a palle di neve, indotti dal trattamento di opali etiopi idrofani in resina Opticon, al microscopio 20X. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 23 – Centinaia di inclusioni simili a palle di neve, indotti dal trattamento di opali etiopi idrofani in resina Opticon, al microscopio 80X. (Foto: Jeffery Bergman)

Dichiarazione sulla cura e la conservazione ai clienti di opale etiope

Molti opali etiopi tendono ad assorbire facilmente qualsiasi liquido con cui vengono a contatto. Evitare l’esposizione a caffè, the, vino, olii, profumi, saponi, acqua di lavaggio delle stoviglie, e altri liquidi che potrebbero causare una decolorazione permanente e irreversibile. Braccialetti e collane dovrebbero essere sempre indossate sopra i vestiti, per evitare l’assorbimento del sudore. Le situazioni accidentali, come la caduta dell’opale in un lavandino, in un bicchiere di vino o in una tazzina di caffè, oppure l’esposizione alla pioggia, non sono da temere. L’assorbimento non è immediato e richiede più tempo di una semplice immersione per causarne l’effetto.

Se il tuo opale viene immerso accidentalmente in acqua per un lungo periodo, rimuoverlo e conservarlo in un posto sicuro ed asciutto. Il tempo necessario all’asciugatura può variare da qualche minuto a più di una settimana, a seconda del tipo di pietra, della misura e delle condizioni ambientali. Non provare a velocizzare il naturale processo di asciugatura mettendo l’opale in un forno, sotto una luce incandescente o utilizzando un asciugacapelli!

Come la maggior parte delle gemme, l’opale dovrebbe essere maneggiato e pulito con cura. Non usare mai un pulitore a vapore o a ultrasuoni, tenerlo lontano da detergenti aggressivi, evitare alte temperature o cambiamenti repentini di temperatura. Per la pulizia si raccomanda una semplice strofinatura con un panno pulito e asciutto.

Figura 24 – Il trattamento di opale etiope idrofane con resina in poliuretano bicomponente ha causato un intenso appannamento, rendendo senza valore un opale precedentemente prezioso. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 25 – Il trattamento di opale etiope idrofane con resina in poliuretano bicomponente ha causato un intenso appannamento, rendendo senza valore un opale precedentemente prezioso. (Foto: Jeffery Bergman)
Figura 26 – Opale idrofane etiope. (Foto: Jeffery Bergman)

Bibliografia ed approfondimenti

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3. Filin, S., Puzynin, A., Prevention of cracking in Ethiopian opal. Australian Gemmologist, Vol. 23, No. 12, 2009, pp. 579–582.
4. Young, J. (2011) Welo Ethiopia Opal. www.mindat.org consultato il 22/11/2015
5. Kiefert, L., Hardy, P. et al, New Deposit of Black Opal from Ethiopia. Gem News International, Gems & Gemology, Winter 2014, Vol. 50, No. 4 pg. 303-5
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only-source-black-opals-david-weinberg?trk=prof-post&trkSplashRedir=true&forceNoSplash=true consultato il 22/11/2015
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14. OPAL FACTS & MYTHS. http://www.opalsdownunder.com.au/learn-about-opals/introductory/opal-facts-myths consultato il 10/01/2016
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21. Email da Nicholas Sturman, GIA Laboratory, Bangkok 02/12/2015

Di Jeffery Bergman con il contributo di Barbara Wheat, pubblicato su Rivista Italiana di Gemmologia n. 0, Gennaio 2017.

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5 Commenti

  1. SALVE VI SEGNALO UN PROBLEMA AVVENUTO DOPO AVER IMMERSO OPALE ETIOPE AFRICANO IN ACQUA PER UNA GIORNATA, Ha perso le sue cangianti di colore . DOPO UNA SETTIMANA NON È ANCORA TORNATO ALLA NORMALITÀ? COSA FARE E COSA GLI È SUCCESSO. Grazie per la risposta

  2. Buongiorno, ho comprato un opale bianco latte con cangiature meravigliose. Montato su anello e portato per un mese tutto i giorni togliendolo la notte e per le docce.
    A distanza di un mese aveva perso il fondo bianco diventando trasparente, le cangiature sono ancora presenti.
    L oreficie mi ha consigliato di lasciarlo per due notti in acqua.. ma non mi pare la soluzione migliore.
    C’è speranza che il mio opale possa tornare nella sua versione originaria? O devo chiederne la sostituzione?
    Grazie mille

    • Buongiorno,
      le consigliamo di rivolgersi ad un gemmologo della sua zona che potrà fornirle una spiegazione più dettagliata tramite analisi della gemma.

  3. Salve ..ascolti io sono in possesso di un pezzo di ossidina con delle venature di opale suppongo sia opale nero grezzo.. che ho trovato io.. volevo mostrarlo a qualcuno che potesse darmi una valutazione sa mica a chi mi posso rivolgere se è interessato le mostro le foto in privato o direttamente glie lo porto almeno finalmente posso sapere di che si tratta lei sa mixa dove indirizzarmi ..la ringrazio buona serata

    • Buongiorno. L’unico consiglio che possiamo darle è quello di rivolgersi ad un laboratorio gemmologico operante nella sua zona di residenza, il quale saprà sicuramente fornirle tutte le informazioni del caso potendo osservare il campione da vicino.

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