domenica, Aprile 28, 2024
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Per le passerelle ecologiche sensazionalistiche le gemme sono un bersaglio facile

Viveva in una capanna sugli alberi. Dicono che gli facevano da guardia dei leopardi. Nell’agosto del 2009 se ne andava, ferito a morte nelle sue concessioni minerarie in Kenya durante un assalto da parte di minatori illegali. Si chiamava Campbell Bridges ed era un geologo scozzese divenuto famoso per aver scoperto la tsavorite.

Era un illuminato, conosceva le leggi del marketing. Con Tiffany collocò la tanzanite, che fu tra i primi ad identificare, nell’Olimpo delle gemme, senza per questo ignorare però che in quel continente che gli aveva dato tanto ed in cui viveva c’erano dei paesi abbandonati al sottosviluppo. Pose per primo in evidenza il tema della conservazione. Mostrò che era possibile creare lavoro nei grandi parchi naturalistici, a cominciare da quello di Tsavo, usando i mezzi e le risorse messe a disposizione proprio dall’industria estrattiva.

A dieci anni dalla morte di Bridges non è cambiata la direzione della corrente che drena le materie prime dal Sud verso il Nord del mondo, dove si trovano le chiavi dell’industria del lusso e dove si deposita la maggior parte del valore aggiunto. Le gemme africane (e non solo) hanno spesso a che vedere con le difficoltà post-coloniali, con l’egoismo oligopolistico delle élite, con la corruzione diffusa, con il rigore delle grandi istituzioni finanziarie internazionali, con il centralismo governativo indifferente alle periferie, con la suddivisione in gruppi contrapposti ed in frange tribali turbolente.

Nonostante si conosca la fragilità e l’immiserimento di paesi che avrebbero risorse naturali per essere invece molto ricchi, su queste, che sono le cause economiche strutturali che vi sono sottese, prevale spesso una raffigurazione approssimativa e fuorviante che spesso riduce la questione al sensazionalismo. Le gemme, comode metafore del lusso capriccioso, degli sprechi per beni non di prima necessità, sono un bersaglio facile facile per semplicistiche passerelle della buona coscienza radical chic, come la battezzò la penna impietosa di Tom Wolfe. Perché perforare il pianeta se possiamo avere diamanti e rubini sintetici?

Nat Geo ha pesantemente accusato i minatori della corsa agli zaffiri in Madagascar nel 2012, di aver deforestato 10.000 acri di area protetta ponendo i lemuri a rischio estinzione. Ma forse 40.000 cercatori sono l’effetto di estrema indigenza più che la causa di disastri ambientali. In questo numero Vincent Pardieu, intervistato da Simon Dussart, ci spiega come la sua Field gemology, tra tante altre cose, sia in grado di raccogliere dati sufficienti per verificare e confutare il fondamento di asserzioni così pesanti. La prestigiosa rivista americana ha dovuto precipitosamente innestare la retromarcia, ha rettificato, ha cambiato titolo e testi dell’improvvido articolo.

Vuoi vedere che le pietre hanno a che vedere con la società, con i media, con l’economia, con la comunicazione?

Di Paolo Minieri, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 7, Estate 2019

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