sabato, Aprile 27, 2024
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Up patriots to arms! Manifesto per una gemmologia civile ed impegnata

Non l’ho mai chiesto e difficilmente lo chiederò ancora. Ma, se siete d’accordo, allora questo messaggio fatelo girare. Gemmologi e gioiellieri, svegliamoci, please! Senza rendervene conto, vi siete trovati in un recinto dorato, nella zona verde protetta di Baghdad ma con il caos a poche centinaia di metri. Con gemme e gioielli al sicuro nella comfort zone di una vezzosa wunderkammer ci stiamo dimenticando di vedere quello che succede fuori.

Un tranquillo giorno di luglio abbiamo rischiato l’infarto. Uno dei principali quotidiani nazionali infatti riportava le stupefacenti parole di un portavoce del brand Morellato a riguardo del diamante sintetico che l’azienda sta cominciando a usare in una propria collezione: «è un diamante a tutti gli effetti, ma democratico… non è sintetico, semmai un diamante ecologico».

Qualcosa di più inquietante lo potete immaginare? Sì, io ci riesco. Il fatto che NESSUNO abbia reagito, questo sì che per me è ancora più preoccupante. Ma la sbalorditiva affermazione di Morellato è solo la punta dell’iceberg. Quella stessa Italia che regola con rigore i decibel dei tosaerba e protegge con puntiglio i nidi dei gabbiani in centro città, permette un indegno Far West in materia di gioielli e pietre preziose. Da noi non si contesta chi scrive che un diamante sintetico (con tanto di report che lo presenta come tale) non è sintetico. Si possono rilasciare presunti “certificati” dicendo o tacendo di tutto. Si possono attribuire valori a piacimento («ok, scriviamo in caratteri belli grandi rubino e in caratteri microscopici glass filled, alla fine è pur sempre un rubino e sull’inglese molti non si applicano»). Da noi si mischiano gemme naturali a sintetiche, si tace o si glissa sui trattamenti più invasivi. In questo clima acquistare non è che tirare giù la leva di una slot machine, con lesione grave al patrimonio primario e cioè la fiducia dei consumatori.

Sulla carta la Rivista Italiana di Gemmologia non è sola a fronteggiare questa barbarie. Ma le tantissime attestazioni di consenso, voci afone, non convergono in una massa critica in grado di prender posizione di pubblica denuncia. L’indignazione dei piccoli artigiani è affievolita dalla loro debolezza. Per i grandi nomi un fatturato che si impenna vale più della fair disclosure. La maggioranza silenziosa si autoassolve, sa ma chiude gli occhi. Tanto s’è sempre fatto così. E le associazioni? Sta a te la prima mossa? Mi muovo io? Guardare, guardano. Dalla finestra.

(Foto: Rowland Scherman/Wikimedia Commons, Pubblico dominio)

«Dovremo pentirci in questa generazione – ci avvertì una volta Martin Luther King da una prigione di Birmingham – non solo per le parole e le azioni odiose della gente cattiva, ma per il silenzio spaventoso della gente buona. Il progresso umano non gira mai su ruote di inevitabilità». Ma quando si interrompe questo silenzio? Nel momento in cui un uomo (di scienza) si ribella all’omertà. In quell’istante ogni scienza accantona l’arcadia dorata dell’autocompiacimento e giocoforza diventa civile e militante.

Impegno, buona volontà, le parole chiave le avete lette bene. Se la gemmologia ha fondamento scientifico deve saper responsabilmente contrastare l’uso non scientifico che di essa fanno i meno responsabili. Questo fecero nel secolo scorso i geografi e gli etnologi quando denunciarono l’asservimento di quelle scienze agli interessi del dominio coloniale. Questo fecero Darwin e Freud contro i paralizzanti dogmi ecclesiastici, questo fecero i fisici ed i chimici quando gli stati maggiori militari presero a trasformare il loro lavoro in armi atomiche e gas sterminatori. Con le debite proporzioni, anche l’uso delle pietre preziose rivela l’esercizio di un potere nascosto incentrato su un marketing distorto basato su definizioni illegali. Le pietre non esistono in astratto ma prendono forma esclusivamente quando vediamo come sono mosse dalla corrente del contesto economico e sociale.

Il codice volontario, sarebbe semplice redigerlo e semplicissimo osservarlo. Eppure non esiste.

Il concetto di pietra in gemmologia implica una sua identificazione corretta e la definizione di un valore economico. Lasciamo il Far West al suo destino e schieriamoci. Le regole per rendere leale questo gioco non sono complesse e esistono già fonti autorevoli. Perché, cari amici, non sottoscrivere tutti assieme un patto su un codice scritto con lo scopo di impegnarci a rivelare in modo leale quello che un povero cristo (che si fida di noi) sta comprando?

Di Paolo Minieri, pubblicato su IGR – Rivista Italiana di Gemmologia n. 13, Autunno 2021

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1 commento

  1. Bravo, osservazioni assolutamente condivisibili.
    A monte resta però il fatto di comprendere il motivo per il quale si debba sempre tornare su questo tema e non siano invece le nostre associazioni di categoria a prendere concretamente in mano la vexata questio, muovendosi in modo incisivo e organico nel comunicare direttamente all’utente privato la necessità di pretendere dal commerciante un alto livello di trasparenza e di professionalità. Alzando l’asticella continuerebbero a svolgere questo lavoro solo le persona che sono eticamente e professionalmente idonee a farlo. La diffidenza evaporerebbe, a vantaggio di tutto il settore.
    Sulla copertina del bell’opuscolo che proponi sarebbe bello vedere come autore non un “gruppo di operatori a sostegno della trasparenza, ma un solo nome, suggerisco Federpreziosi.
    Ma forse è un utopia se consideriamo l’immobilismo che, per un decennio, ha consentito a società private e banche di fare quello che hanno voluto, compromettendo la fiducia ed il delicato appeal su cui si fonda il commercio dei diamanti, tra l’altro di nostro tradizionale appannaggio.
    Sarei stato curioso di vedere le reazioni del consorzio del Parmiggiano Reggiano o del Prosecco se le banche avessero venduto i loro prodotti a prezzi folli….
    Grazie per aver lanciato il sasso, al quale agguingo anche il mio, sperando di risvegliare il tema della trasparenza totale. Purtroppo in pochi ci si sente di combattere come Don Chisiotte davanti alle pale del mulino a vento.

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